Fra le narrazioni e gli aneddoti che il maestro Gurdjieff raccontava ai suoi allievi, la “storia del mago e delle pecore“, seppur nella sua brevità, risulta essere tutt’oggi di un’attualità disarmante. Parliamo infatti di una parabola appartenente al mondo sufi e che Gurdjieff, permeato a sua volta dagli insegnamenti del sufismo, era sovente raccontare ai suoi allievi.
Uno di loro, Peter Ouspensky, autore del libro “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, riporta per iscritto proprio questo racconto, dettato in un periodo in cui l’attività di insegnamento fra Gurdjieff e i suoi allievi è stata piuttosto fiorente.
Gurdjieff, prima di raccontare la storia del mago e delle pecore, stava parlando ai suoi seguaci del sonno ipnotico che avvolge l’essere umano.
Secondo il maestro armeno, infatti, l’uomo al mattino passa da una fase di sonno orizzontale a una fase di sonno verticale; in altre parole è in grado di muoversi, di parlare, di lavorare, di fare l’amore, ma vive comunque in uno stato di sonno nel quale non gestisce il suo corpo e la sua mente, ma subisce passivamente le influenze esterne, le forze che lo fanno trottare fino a sera mentre la sua mente è completamente assorta in pensieri “non voluti”, ma “dovuti”.
In pratica, da essere pensante quale dovrebbe essere, diviene un essere pensato, ipnotizzato da qualcosa che lo rende innocuo, che lo rende massa, ingranaggio di un sistema che si nutre della sua esistenza.
Sempre in “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, Gurdjieff sostiene che l’uomo “non si rende conto di essere dominato, nelle sue scelte, da forze superiori; non vede che cosa lo induce a muoversi in un modo piuttosto che in un altro, a ripetere ciclicamente le stesse operazioni; non riconosce il suo grado di meccanicità, il suo stato di letargia, di autoipnosi, di auto-mistificazione.”
Ecco perché è fondamentale prendere consapevolezza della possibilità di non essere liberi come pensiamo e che le nostre scelte, probabilmente, non sono tutte nostre, ma influenzate da forze esterne e da un sistema manipolatorio che, conoscendo il meccanismo, crea ripetutamente dei bisogni indotti.
Soltanto questa consapevolezza permette all’uomo dormiente di iniziare un percorso di risveglio da quello stato ipnotico che Gurdjieff descrive molto bene nella “storia del mago e delle pecore”, come uno stato di totale sottomissione.
Di seguito trovate il suo racconto:
“Una certa leggenda orientale narra di un mago ricchissimo che possedeva numerosi greggi. Quel mago era molto avaro. Egli non voleva servirsi di pastori, e neppure voleva recingere i luoghi dove le sue pecore pascolavano. Naturalmente esse si smarrivano nella foresta, cadevano nei burroni, si perdevano, ma soprattutto fuggivano, perché sapevano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle. E a loro questo non piaceva.
Il mago trovò un rimedio: ipnotizzò le sue pecore e cominciò a suggerire loro che erano immortali e che l’essere scuoiate non poteva fare loro alcun male, che tale trattamento, al contrario, era per esse buono e persino piacevole; poi aggiunse che egli era un buon pastore, che amava talmente il suo gregge da essere disposto a qualsiasi sacrificio nei loro riguardi; infine suggerì loro che se doveva capitare qualcosa, non poteva in ogni caso capitare in quel momento e nemmeno in quel giorno, e per conseguenza non avevano di che preoccuparsi. Dopo di che il mago introdusse nella testa delle pecore l’idea che esse non erano affatto pecore; ad alcune disse che erano leoni, ad altre che erano aquile, ad altre ancora che erano uomini o che erano maghi.
Ciò fatto, le pecore non gli procurarono più né noie, né fastidi. Esse non lo fuggivano più, ma attendevano serenamente l’istante il cui mago avrebbe preso la loro carne e la loro pelle.”
Il succo del racconto è piuttosto evidente: l’uomo immagina la sua realtà, ma non la vive. O se preferite: vive in una realtà immaginaria fino al momento della morte. Ecco perché al giorno d’oggi nelle filosofie di stampo esoterico, si parla ancora di “Risveglio”, perché significa destarsi dal sonno, da quello stato ipnotico che ti convince di essere ciò che in verità non sei. Significa iniziare ad aprire gli occhi e cominciare a squarciare quel “velo di maya” di cui parlava Schopenhauer, un velo che offusca la vista e che nasconde la realtà delle cose.
Ma nulla accade per caso, dietro un risultato, un qualsivoglia risultato, c’è sempre uno sforzo. Il risveglio accade solo per coloro che lo cercano, lo vogliono e sono pronti a lottare contro il loro stato ipnotico, a sforzarsi e a lavorare su se stessi, e a lungo, per ottenerlo. Ma deve esserci questa volontà e lo evidenzia bene lo stesso Gurdjieff, sempre in “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, quando ripete: “Se gli uomini potessero veramente rendersi conto della loro reale situazione, se potessero comprendere tutto l’orrore, sarebbero incapaci di rimanere tali quali sono, anche solo per un solo secondo.”
In conclusione, la storia del mago e delle pecore evidenzia come ci sia troppa delega in noi, ovvero deleghiamo il nostro potere ad altre persone (maghi), che fanno di noi quel che vogliono, perché siamo ipnotizzati e, peggio ancora, ormai inconsapevoli di esserlo. Questi “maghi” guidano governi, religioni, aziende ma possono essere anche figure a noi vicine, sanno come gestire il loro gregge e non sono costretti a fare gesti eclatanti, nessun recinto, basta qualche azione subdola e convincere il gregge che tutto ciò che viene fatto, è svolto per il loro bene, instillando il seme di un’effimera esistenza luccicante in cambio di un’eterna sottomissione.
E a quanto pare funziona ancora!
14 commenti
… Magico….
Ciao Giuseppe, grazie per essere passato da qui a leggermi.
Buongiorno, se uno volesse, dove potrebbe rivolgersi per avere più info e delucidazioni sugli insegnamenti di Gurdjieff? Grazie 🙂
Salve Romina, esiste ancora qualche gruppo di lavoro di stampo gurdjieffiano, anche all’interno dei nostri confini. Altrimenti il mio consiglio è quello di leggere buona parte dei libri prodotti, soprattutto quelli dei suoi allievi, per poi addentrarsi verso quelli scritti direttamente da Gurdjieff. Oppure cercare un’interazione con chi ne sa qualcosa.
Più chiaro di cosi non si può…prenderne atto e cercare di “aprire gli occhi” richiede VOLONTÀ….sto leggendo Gurdjieff ed è sconvolgente.
Ciao Cinzia, sì Gurdjieff ha la grande capacità di riuscire, con i suoi discorsi, a mostrarti una realtà che hai sempre avuto sotto al naso ma che non hai mai indagato.
Può cercare l’associazione italiana studi sull’uomo
Con sede Milano.
Tutto vero
La saggezza di Gurdjieff è troppo spesso, come altre filosofie, sconosciuta e il mondo dei Sufi è indubbiamente incantevole. Purtroppo c’è un problema di fondo: le persone vogliono una sola soluzione: magari una tecnica perché più comprensibile ad una malata mente strutturata in meccanismi, oppure un maestro che possa inizializzare l’essere con qualche rito, oppure un gruppo a cui appartenere perché sembra più semplice che mettersi a fare, oppure una spiegazione logica che però non intacchi ciò che è già ritenuto vero. Purtroppo non è possibile e a niente servono questi mezzucci perché mancano di un elemento al vero cambiamento: la presa di posizione. Se il singolo non elabora dentro se stesso una propria verità mettendo in discussione tutto ciò che sa, ampliandola, collegandola, contestualizzandola, non gli sarà possibile comprendere la filosofia, la realtà, se stesso. Si evincono quindi tre problematiche: l’uso meccanicistico della mente, l’abitudine a ripetere, la paura ad aprirsi e a mettersi in discussione. Soluzioni?
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Comprendere come la mente funzioni: ascoltandoci e osservandoci avremo una visione esterna di noi stessi e nel tempo comprenderemo che c’è una diversa volontà oltre la stupidità e l’arroganza dell’ego.
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Scoprire quante volte ripetiamo gli stessi errori o comportamenti: un diario all’inizio può essere di aiuto, tuttavia dovremo attraverso l’uso della memoria riconoscere sempre più velocemente tali comportamenti.
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Ascoltare le emozioni: ogni volta che leggiamo un libro, un blog, un quotidiano oppure quando ascoltiamo la radio, la televisione, un interlocutore si muovono delle emozioni e con esse dei pensieri. Impariamo a comprenderle perché dietro di esse ci sono le nostre vere motivazioni e dietro ancora, ascoltando oltre, le nostre strutture più profonde.
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Quando si parla di libertà non è fare ma essere, ovvero liberarsi dalle proprie strutture, abitudini, ripetizioni, paure. Solo così si potrà riconoscere la menzogna, l’ipocrisia, la violenza, la rabbia e il dolore interno. Per diventare generatori di spiritualità e non batterie. Solo così il mondo cambia, solo così si può scoprire che la spiritualità non è energia, non è infinito, non è una delle tantissime etichette che abbiamo dato, è oltre.
Caro Paolo, quanto scrivi è assolutamente vero ed è facilmente riscontrabile.
Ci sono persone che ti dicono “io sono pronto”, ma poi nell’atto pratico restano deluse quando l’esercizio consiste nel “non lamentarsi” per una settimana. Ti dicono: ma come? Tutto qui? Come faccio a evolvermi semplicemente non lamentandomi? Senza rendersi conto che anche in quel momento possiedono un atteggiamento lamentoso e soprattutto senza rendersi conto della potenza di quell’esercizio, visto che richiede uno sforzo abnorme.
Persone convinte che sedendosi nella posizione del loto e provando a inspirare da una narice, per espirare con l’altra, potranno illuminarsi così, dal nulla.
Per conoscere se stessi bisogna prima studiare se stessi, e lo studio parte da un processo di auto-osservazione prima e di auto-contestazione poi. Il lavoro è tanto, il processo è lungo, ma il risultato ripaga degli sforzi fatti. Ma nell’era del “tutto e subito”, del “fast”, ovviamente questi processi vengono visti come una perdita di tempo. E così ci si lascia incantare dal mago di turno.
Ciao Ivan, molto bello il tuo articolo, avendo letto e messo molto impegno a leggere i libri di Gurdjieff ed Ouspensky, credo che la carrozza di Gurdjieff spieghi perfettamente come gli esseri umani attuali, se così vogliamo chiamarli siano oggi, nascono, vivono e muoiono nel sonno. Non si ricordano mai di se stessi, perché la coscienza dorme, e se la coscienza dorme quanta consapevolezza hanno di quello che dicono e fanno? Quando ci sarà un risveglio? Buona vita tutti.
Ciao Fabrizio, ho pubblicato diversi articoli in merito a Gurdjieff, dove parlo del “sonno”, della “metafora della carrozza” e del “ricordo di sé”. Devo molto a questi insegnamenti e condividere la mia visione al riguardo è il minimo che potessi fare.
Buona vita anche a te.
Grazie..grazie per la condivisione della tua conoscenza.
Grazie a te Chiara, per essere passata da qui a leggermi.