Parlare Meno E Ascoltare Di Più Per Capire Meglio

Tragicomico
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Parlare meno è un vero atto rivoluzionario in questa società “moderna” dove si parla tanto, si ascolta poco e si capisce ancora meno. È vero che le parole sono importanti per comunicare, ma basta guardarsi attorno e saper ascoltare, per notare e capire come molte di queste parole siano inutili, pronunciate in maniera automatica, di getto, parole non pensate, e spesso, nemmeno sensate. Viviamo in una civiltà, questa occidentale, che fa un uso spropositato della chiacchiera, abbiamo superato il limite del sano uso della parola stessa. E ironicamente, più parliamo, e meno siamo capaci di comunicare.

La situazione tragicomica si palesa nel fatto che siamo giunti al punto che non riusciamo più a stare in silenzio, anzi, abbiamo la netta percezione che il sacro e prezioso silenzio non debba esistere, ma essere annientato continuamente, anche a costo di far uscire dalla bocca parole perlopiù inutili e insignificanti, o, peggio ancora, attraverso le parole pronunciate in continuazione dal televisore di turno che ci fa tanto “compagnia”. Anche se, probabilmente, non saremo nemmeno interessati a ciò che l’altoparlante farfuglia! L’importante è squarciare il silenzio che ci circonda.

Abbiamo dimenticato che il silenzio è un dono e l’abbiamo trasformato
in un nemico da cui guardarci le spalle,
perché in nessun luogo la vacuità umana rimbomba di più che in mezzo al silenzio.

(Dal mio mio libroSchiavi del Tempo“)

Le chiacchiere, che siano di paese, di città, o giudizi sugli altri, che si tratti di lamentele, o di critiche fuori luogo, sono tutti modi per riempire un vuoto che in verità è dentro di noi, un vuoto che riempiamo in questo modo superficiale e malsano, anziché accoglierlo e trasformarlo. Ecco perché bisogna ascoltare di più: per poter accogliere di più e allo stesso tempo capire meglio noi stessi e la realtà che ci circonda. E invece le persone parlano, parlano tanto, parlano forte, ma le loro parole sono spesso prive di significato. Non dicono nulla. Discorsi vuoti.

Capite bene, quindi, quanto possa essere importante imparare a parlare meno. Cercare di ponderare bene le nostre parole, non solo quelle dette ma anche quelle scritte. Dobbiamo imparare a considerare le parole come doni preziosi da regalare solo in certe occasioni. Così come avviene in natura. In particolare possiamo prendere esempio dal saggio mondo animale, che vive perlopiù in silenzio e solo in occasioni speciali emette particolari suoni. Solo così possiamo imparare ad essere più silenziosi e allo stesso tempo cauti nell’uso delle parole.

Ascoltare e ascoltarsi è una capacità che tutti abbiamo, eppure in pochi la mettono in atto. Si preferisce essere protagonisti in prima persona. La parola prende il sopravvento, siamo portati a parlare d’istinto, ad ascoltare la “pancia” e ad aprire la bocca senza avere la piena consapevolezza di ciò che stiamo davvero dicendo. Ed è questo il maggiore disastro di questa civiltà, che non ci capiamo più, perché le parole sono troppe per quelle poche orecchie che sono ancora in grado di ascoltare. E mi chiedo: una società che non capisce, prima se stessa, e poi gli altri, dove può mai arrivare se non al fallimento?

Quando qualcuno parla, l’altro, anziché ascoltare, è talmente concentrato su ciò che dovrà replicare che finisce nel non prestare più la minima attenzione al suo interlocutore. Anzi, il più delle volte lo interrompe, finisce le frasi al posto suo, già commenta mentre chi parla ha ancora qualcosa da dire. Non viene data l’opportunità di esprimersi compiutamente, di elaborare la propria prospettiva e i propri punti di vista. Succede così in tutti i talk show televisivi, succede così al bar in piazza, ma è la medesima situazione in famiglia, tra gli amici, con i colleghi, col partner. Uno parla, ma l’altro, o gli altri, non ascoltano, pensano bensì a come ribattere con altre parole nel più breve tempo possibile.

A mio avviso, una delle forme più alte di rispetto che possiamo avere verso il prossimo, è proprio quella di ascoltarlo con attenzione, senza interromperlo, lasciandogli il tempo di cui necessita per esprimere ciò che pensa. Questa forma di rispetto, che poi è una capacità, ci consentirà di cogliere al meglio il messaggio che l’altro cerca di mandarci, di non giungere a conclusioni affrettate e di elaborare in modo compiuto le nostre conclusioni. Ecco perché il titolo di questo articolo recita testualmente: “Parlare meno e ascoltare di più per capire meglio”. È inutile perdersi in chiacchiere.

Un esercizio che consiglio a tutti è quello di scrivere. Sì, la scrittura. La scrittura, sempre a mio avviso, è una delle forme di comunicazione più preziose che abbiamo a nostra disposizione. Molto più delle parole dette che, il più delle volte, volano via. Ma quando scrivete, potete stabilire un rapporto più intimo con le parole e, di conseguenza, con i vostri interlocutori. Quando scrivete, vi sentirete inevitabilmente più responsabilizzati, più inclini a dosare con attenzione il peso di quello che state per scrivere. Ma soprattutto, quando scrivete, siete chiamati ad “ascoltare” voi stessi, siete maggiormente esposti ai vostri pensieri e alle vostre emozioni. Imparerete così a parlare meno, e di conseguenza, ascolterete meglio, conoscerete molto più da vicino voi stessi e i vostri interlocutori. Provate!

“Parlare è da stupidi, tacere è da codardi, ascoltare è da saggi.“
(Carlos Ruiz Zafón – “L’ombra del vento“)

Tragicomico

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