“Oggi è stata una brutta giornata!” un’esclamazione che sta diventando un’abitudine, una routine, una zona di comfort, perché quella che doveva essere semplicemente una brutta giornata sta diventando un’attitudine nel vedere tutte le giornate della propria vita come brutte, senza senso, prive di spessore, fino all’esclamazione finale “che vita di merda!”. Colpa degli errori, della “sfortuna”, di chi ci ha rovinato la giornata con una disillusione o del lavoro che ha prosciugato tutte le nostre energie. Ma una brutta giornata non sarà mai una vita merda.
È un vizio tutto occidentale quello di vedere il tempo stampato su di una linea retta tendente verso l’infinito ignoto, mentre una visione orientale ci offre la possibilità di vedere dei cerchi che, allo scoccare delle 24 ore, si chiudono. Un tempo circolare. Non più una brutta giornata che butta merda anche su quelle successive, ma una brutta giornata fine a se stessa, un cerchio che si chiude, una giornata con un inizio e una fine.
“Tutto ciò che ha un inizio, ha anche una fine.
Fattene una ragione. E tutto andrà bene.”
(Siddharta Gautama)
E ogni fine racchiude in sé un nuovo inizio. Come ogni caduta precede l’attimo prima di quello in cui ci rialzeremo. Così come ogni ferita diventa un’occasione per medicarci e prenderci cura di noi. Ecco perché siamo così affascinati dall’alba e dal tramonto, sono momenti sentimentali, magici, alchemici, perché si tratta di quei frangenti dove tutto finisce e ricomincia, in un’eterna alternanza, non è un caso se ne “Il libro tibetano dei morti” troviamo scritto che… “Chi non ha imparato a morire, non può imparare a vivere”.
Ecco l’importanza di chiudere il cerchio, dobbiamo imparare a morire, spogliandoci a fine giornata dei panni preoccupati, ansiosi, tristi o rassegnati che abbiamo indossato durante il giorno, dobbiamo ripulirci per iniziare il nuovo giorno con addosso un manto di ottimismo e positività. Ecco l’istinto che riconosce la verità, quella della vita, quel flusso perenne che va avanti e che ha sempre qualcosa da darci. Non abbiate fretta quindi, ogni cosa arriva a suo tempo, e non fissiamoci nel guardare solo il dito dell’immediatezza ma rivolgiamo lo sguardo verso la saggezza della luna: quello che non arriva oggi, arriverà domani.
Sono passati 2500 anni dal “panta rei” di Eraclito e ancora non abbiamo capito nulla, non abbiamo compreso che in natura tutto cambia, tutto si trasforma, niente resta immutato, noi compresi e la nostra brutta giornata che ci manda fuori di testa. Osservate il fiume che continuamente si rinnova e si trasforma, cosicché diventa impossibile tuffarsi in esso più di una volta perché la seconda volta, avendo egli rinnovato completamente le sue acque, non sarà lo stesso fiume della prima. Lo stesso vale per le nostre giornate, sottoposte alla legge inesorabile del mutamento, saranno pregne di un’energia totalmente diversa dove immergersi, ricordandoci che ogni giornata è soltanto una pennellata del quadro della vita.
In questa vita c’è da sudare ed è vero, ma c’è anche da godere, e soprattutto bisogna avere il coraggio di andare oltre i propri limiti ed essere in costante evoluzione, per acquisire una visione molto più ampia degli eventi, perché per quanto ne sappia io, la felicità che tutti noi ricerchiamo, non è in contrasto con “la brutta giornata” che viviamo, ma si intreccia con essa per permetterci di crescere, di essere diversi e migliori di quelli del giorno prima. Ed ecco che la brutta giornata, tutto d’un tratto, diventa un trampolino di lancio verso nuove opportunità evolutive: un nuovo giorno, un nuovo inizio da vivere, una vita che si eleva e diventa esistenza.
4 commenti
Grazie Ivan per questa nuova, interessante lettura. Purtroppo, spesso non ci si rende conto che anche in una brutta giornata qualcosa di buono c’è sicuramente stato. Avviluppati nella cupezza, magari non ci siamo accorti che splendeva un bel sole. Abbiamo mangiato? Anche questa non è certo cosa da poco. Un abbraccio.
Come non condividere le tue parole Chiara, troppa gente ama sguazzare nel letame, senza accorgersi dei diamanti disseminati qua e là lungo tutto il percorso dell’esistenza. Forse soffriamo – come società – di quella “cecità” magistralmente espressa da Saramago, da renderci tutti incattiviti, cupi, da non riuscire più a vedere la parte bella della vita.
Ricambio il tuo abbraccio e grazie per essere passata da qui.
“– Perché siamo diventati ciechi?
– Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione.
– Vuoi che ti dica cosa penso?
– Parla!
– Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”
J.S. “Cecità”
Grazie per questa lettura Ivan e condivido pienamente le vostre parole. Mi viene subito in mente la “preghiera” di Stefano Rosso quando ripete:
“l’uomo non capisce e cosa fa
ha il mare in tasca e l’acqua va a cercar”
In un abbraccio
A presto
Grazie a te Luca, per essere passato da qui e per averci lasciato in dono le parole preziose di Stefano Rosso. Parole che dovrebbero diventare un monito, in una società che ha perso – da tempo – la propria bussola e il lume della ragione. Ne approfitto per consigliarti il mio nuovo libro “La cattiva abitudine di essere infelici“. Un abbraccio!