L’Etica È La Scienza Della Felicità

Tragicomico
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etica-altruismoL’Etica mi piace vederla come una scienza che si occupa del comportamento di un singolo essere umano nei confronti dei suoi simili,  e c’è una ragione ben precisa se l’illustre filosofo tedesco Immanuel Kant nel suo capolavoro “Critica della ragion pratica” scrive quanto segue: “L’Etica non è esattamente la dottrina che ci insegna come essere felici, ma quella che ci insegna come possiamo fare per renderci degni della felicità”. Ciò che intendeva dire il precursore della filosofia idealistica è che attraverso l’etica, ossia il vivere secondo profondi principi etici e in perfetta comunione con la propria coscienza, ci si predispone verso quel senso di benessere e di quiete interiore che è la felicità. Ecco perché “oso” dire che l’etica è la scienza della felicità. Perché diventa la scienza dell’essere, il cui fine ultimo è il raggiungimento del bene assoluto.

L’etica, che a mio avviso è ben lontana dall’essere semplicemente “morale”, ha a che fare con la libertà e i diritti di ognuno di noi. Ossia ciascun uomo è etico di per sé, perché ognuno deve essere giudice di se stesso. È difficile dare una definizione precisa dell’etica, ma in senso olistico possiamo intenderla come la propensione a fare del bene vivendo secondo natura, con un rigoroso senso del dovere e di rispetto per la libertà altrui. Essere etici non significa solo fare ciò che si deve fare, ma farlo al meglio, cioè bene. Confucio identificava l’etica con la possibilità di creare armonia tra gli esseri umani, e infatti uno dei punti cardini del confucianesimo è proprio quello di “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”.

Un’azione etica può essere tale solo se la motivazione è buona, altruistica. Quindi è la motivazione (Castaneda direbbe “l’intento”) che determina un’azione come etica o meno, e non l’aspetto dell’azione stessa come invece spesso siamo abituati a credere. Un atto può sembrare violento, come quello di una madre che per strada dà uno strattone al proprio figlio, ma se non vediamo che stava per essere investito da un’auto, ci chiediamo perché l’abbia fatto, a rischio di fratturargli il polso. Ma se vediamo che gli ha salvato la vita, allora l’azione che pareva violenta in realtà non lo è. La violenza era soltanto l’aspetto, non la motivazione. Analogamente vediamo un giovane che con maniere cortesi e gentili aiuta una signora anziana ad attraversare la strada sulle strisce pedonali, ma lo fa con lo scopo di rubargli il portafoglio dalla borsa. In questo caso il suo comportamento è apparentemente non violento, ma lo è nella motivazione, che è quella di nuocere.

Non si può dunque giudicare dogmaticamente il bene e il male, in senso morale, perché al di fuori dell’esperienza vissuta come si può dire, ad esempio, se mentire sia una cosa buona o cattiva? Se si mente per salvare la vita ad una persona inseguita da un assassino è evidente che è una buona motivazione, questo rende etica un’azione immorale come quella di mentire. Si è mentito per fini altruistici. Se invece si mente per arraffare dei beni altrui, allora è un’azione egoistica, quindi non etica.

motivazione-altruista-eticoAnche se si può tentare di usare al meglio le nostre capacità intellettuali, non sempre si possono prevedere e governare le conseguenze a breve e lungo tempo delle nostre azioni. Ma ciò che possiamo sempre controllare è la motivazione! Anche la persona più incolta, la meno intelligente, sa se vuole fare del bene o del male, ed è così per ogni persona consapevole. Altrimenti si tratterà di qualcuno che non è più responsabile delle sue azioni, una persona che ha perso la ragione, che non è in grado di intendere e di volere, e in questo caso il fatto di fare del bene o del male non fa più parte delle sue preoccupazioni, perché “non sa” ciò che fa. Quando invece siamo consapevoli, e possiamo scegliere se essere altruisti o egoisti, allora la bilancia dell’etica è chiara, ben definita. È inutile lambiccarsi il cervello su dogmi o casi teorici, l’etica è sempre situazionale, ossia prende in considerazione ogni situazione umana vissuta.

Non è un caso che gli antichi romani traducessero la parola etica (dal greco ethos) in habitus, ossia l’abito, a conferma che, come tutti gli abiti, a indossarli è una sola persona. L’etica è personale, situazionale, a differenza della morale (dal latino mos) che identifica una serie di modelli comportamentali, tipiche norme di un gruppo, di una collettività o anche di una civiltà, costruite nel tempo per stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. È fondamentalmente in questo percorso di comprensione distinguere l’etica dalla morale: la prima riguarda il singolo, la seconda riguarda il gruppo.

Quindi, se abbiamo una motivazione altruistica, quale sarà in base alla nostra conoscenza la miglior condotta da adottare affinché si riduca la sofferenza e si accresca il benessere altrui? È questa domanda che definisce l’eticità di un’azione, perché se procuriamo sofferenza, di certo non stiamo compiendo un’azione etica. L’etica è la scienza della felicità, non della sofferenza. L’azione etica si può “costruire” attraverso la riflessione, il riflettere, verificando la propria motivazione, generando una motivazione altruistica che dovrà impregnare ogni nostra decisione, ogni azione, parola e pensiero. Ma qualche volta ci troviamo a dover agire spontaneamente, si presenta una situazione e dobbiamo agire nell’immediato, non ci sarà del tempo per riflettere, ed è per questo che una componente fondamentale dell’etica è diventare un essere umano migliore. Per dirla alla Kierkegaard: “essa è ciò per cui l’uomo diventa quello che diventa”. Del resto, nell’immediato, come reagire se non in base al livello di altruismo che avremo già sviluppato?

Ci sono situazioni in cui non potremo soppesare i pro e i contro per mezz’ora, chiedendoci se questo o quest’altro sarà più altruistico o più egocentrico. Davanti ad una persona investita per strada, spontaneamente quasi tutti si prestano a fornirle soccorso, c’è quindi una certa dose di altruismo presente in ognuno di noi, ma se lo si sviluppa di più, estendendolo di parecchio, non solo per una persona investita, ma anche per situazioni meno gravi, spontaneamente, davanti a persone e situazioni diverse, agiremo spinti dalla forza dell’etica.

robin-williams-altruismo-aiutare-sofferenzaL’etica nasce da uno stato d’essere che si esprime spontaneamente per la maggior parte delle volte, per questo è necessario sviluppare quelle qualità umane che ci permettono di avere un comportamento spontaneamente etico. È vero che esiste la motivazione, posto che si abbia il tempo di rifletterci sopra e verificarla, ma c’è anche una motivazione generale che riflette la vastità dell’altruismo che fino a quel momento siamo riusciti a sviluppare. Lo scopo dell’etica è quello di liberarci dalla sofferenza, dal samsara dei buddhisti, e acquisire la capacità di aiutare anche gli altri a liberarsi da questa sofferenza. Dobbiamo partire dal principio che le nostre azioni devono contribuire allo stesso tempo sia alla nostra felicità sia a quella di tutti gli esseri viventi, Madre Terra compresa, evitando di danneggiarli.

L’etica ci insegna a rinunciare a qualsiasi piacere egoistico, che, tra l’altro, non rientra nel concetto di felicità, se questo piacere è ottenuto danneggiando gli altri. L’etica ci “consiglia” di compiere un’azione che contribuisce alla felicità degli altri, alla salvezza, anche se sul momento quell’azione ci può sembrare spiacevole, perché a lungo andare concorrerà alla nostra vera felicità, alla soddisfazione di aver agito in conformità con la nostra natura più profonda. Per questo ritengo che l’etica sia la scienza della felicità, perché come scrive Kant “ci insegna come possiamo fare per renderci degni della felicità” e attraverso di essa possiamo determinare la felicità altrui. Che poi, è anche il miglior modo per assicurarsi la propria, di felicità.

Tragicomico

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