Cronofobia: La Paura Del Tempo Che Scorre Via

Tragicomico
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Cronofobia (dal greco antico chrono – “tempo”, phobos – “paura”) è la paura del tempo, un tempo perduto, che scorre via inesorabile, per sempre. Si tratta di una fobia inconsueta, pochi ne parlano, eppure in tanti ne soffrono senza saperlo. Un tempo questa patologia la si riscontrava in prigione, tra i carcerati, o negli anziani e nelle persone affette da malattie allo stato terminale. Persone che, in un modo o nell’altro, “contano” con ossessione il passare dei giorni, delle ore, dei minuti. Ma, se prima questa avversione ossessiva per il trascorrere del tempo era tipica di carcerati e degenti costretti all’immobilità, oggi quasi tutti riconoscono sfumature di questa patologia nella propria relazione con il tempo.

Viviamo all’interno di una società imperniata su di una folle corsa e ogni cittadino viene assorbito dalla sua personale maratona di impegni. Negli ultimi decenni stiamo sperimentando un’accelerazione sociale e del tempo, che non è più soltanto quella sensazione che il tempo non basti mai, ma ha un riscontro molto più concreto nella nostra vita. Abbiamo così tante cose da fare, da realizzare, urgenze di ogni tipo, impegni, scadenze, che ogni santo giorno tutto deve risultare in perfetta sincronia. Situazioni e incontri si devono incastrare alla perfezione. Basta un piccolo ritardo, infatti, un intoppo e tutto il disegno di programmazione della puntualità svanisce in un attimo.

In uno scenario simile, di stress e alienazione, sorge la cronofobia, figlia di questo modello di vita accelerato. Si ha paura del tempo che scorre via e il tempo stesso diventa un nemico che ci insegue in ogni cosa che facciamo, come se non ce ne fosse mai abbastanza. Vivere in una società efficientista significa vivere in un habitat che genera insoddisfazione ogni volta che si ha la sensazione di sprecare tempo. L’obiettivo primario di molte persone, infatti, è quello di far entrare un numero esagerato di situazioni in un tempo sempre insufficiente.

Subentra così l’ansia e la fobia (cronofobia) verso il tempo che passa e che non basta mai. Eppure nessuno vuole rinunciare alle sue mille distrazioni quotidiane: dai social sempre in fermento, alle scommesse online, dal programma trash da vedere assolutamente fino all’ennesimo messaggio vocale che tutto dice tranne l’essenziale. Il tempo non basta, eppure lo si spreca così, futilmente. Salvo poi vivere con il senso di colpa per il tempo sprecato e ulteriore aumento della frenesia. La vita, lontana dal suo scopo nobile di essere assaporata con lentezza, come facevano gli antichi greci, si trasforma in un incubo.

Pensate se dovesse sbarcare nel mondo d’oggi un contadino del Seicento. Ci prenderebbe per pazzi, giurerebbe che gli uomini sono tutti impazziti. Farebbe fatica a capire che cosa ci costringe a muoverci a questi ritmi folli. E a questa folle corsa ho dedicato la prima parte del mio libro “Schiavi del Tempo”.

Ormai è appurato: fare le cose in fretta, velocemente, quasi sempre vuol dire farle male. Nella fretta si perde la cura dei dettagli, l’attenzione ai particolari, il rispetto delle sfumature. Tutto diventa grigio, una visione omologata di un società globalizzata. Mia nonna mi parla sempre di un tempo, non molto lontano, in cui gli uomini avevano ancora l’occhio e il tatto per definire la qualità e il prestigio di un prodotto. E oggi?

A nulla serve produrre macchine sempre più veloci, microchip sempre più efficienti. L’uomo non è fatto per questi ritmi disumani. Abbiamo bisogno urgente di rallentare. E lo spiego bene nella seconda parte del mio libro “Schiavi del Tempo”. Abbiamo bisogno di riprendere fiato, di sbarazzarci dell’angoscia di non arrivare a fare tutto quel che si deve fare nelle ventiquattro ore. È nel divorzio dal mito della velocità il primo passo per una vita più consapevole, lenta e umana.

La cronofobia negli anni a venire non sarà più una patologia ristretta. Gli orologi, da oggetti utili e innocui, stanno diventano l’oggetto della paura per l’uomo postmoderno. Che sta succedendo al tempo? Perché sta diventando un’ossessione? E di cosa vi meravigliate? Viviamo in una società nella quale un’agenda fitta di impegni è indicatore di prestigio sociale, una società dove la tecnologia offre strumenti di connessione permanente e tra doveri, scadenze e distrazioni, non c’è più tempo per noi stessi, per gli affetti, per la vita.

La vita non è una gara, non c’è nessuna competizione in atto se non nella nostra mente e la gratificazione dell’arrivare davanti a tutti è una semplice ed effimera illusione. Eloquente è l’immagine delle automobili che possono viaggiare a 300kh/h, però si trovano imbottigliate nell’ingorgo del traffico quotidiano. Riuscite a vederla la follia in cui ci siamo incastrati?

Ci troviamo al giorno d’oggi di fronte ad una scelta epocale. O si continua a fare finta di niente, oppure ci guardiamo tutti negli occhi e finché siamo in tempo, rallentiamo. La scelta di rallentare implica la guarigione dalla cronofobia. Rallentando si allevia lo stress e la frenesia che ci hanno invaso mente, corpo e anima. Se decidi di non correre, di accettare le giuste priorità (e non tutte!), di non cercare di accumulare scadenze, di disintossicarti dai tuoi dispositivi digitali, allora è probabile che ritrovi la giusta calma. E chi è calmo va dritto verso la realizzazione dei propri obiettivi.
Perché c’è soltanto un modo per rallentare il tempo: viverlo con lentezza!

Rallenta per avere più tempo tra le mani e decidere in piena libertà come e con chi usarlo. Per vivere secondo i tuoi ritmi, non quello degli altri o della società. Per darti il riconoscimento e l’amore che meriti senza doverlo andare a elemosinare dagli altri. Per concederti il lusso di sbagliare, di cadere, di cambiare mille volte idea e avvicinarti sempre di più al tuo personale concetto di felicità.
(Dal mio libroSchiavi del Tempo”)

Tragicomico

16 commenti

Andrea 6 Dicembre 2019 - 22:32

Che ti si deve dire Ivan? Testo profondo ma leggero al tempo stesso, concetti personali e condivisibili..

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Tragicomico 7 Dicembre 2019 - 9:37

Grazie Andrea, apprezzo il tempo e l’attenzione che mi dedichi attraverso queste pagine “virtuali”, ma pur sempre frutto di un lavoro personale. Al prossimo articolo. Ti auguro una splendida giornata!

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JwTsana 19 Aprile 2020 - 6:20

Scivola via che è una bellezza… Permettimi la battuta. Per non dire la stessa cosa che ha scritto Andrea e condivido. In tutte la fobie dell’uomo si evidenza una insicurezza cronica. E nota nei bambini, al distacco ombelicale, fisico, ed emotivo. Che deve esserci, ma che stranamente non superiamo come quello ombelicale, e fisico. Lo stato emotivo che deve esserci, non vuole prendere coscienza, di staccarsi. Come se esso non dovrebbe staccarsi ancora. Es. Gli Elefanti quando l’anziano arriva il tempo di staccarsi dal gruppo lo accompagnano per lasciarlo morire. Il distacco è naturale. Nell’uomo no, come se emotivamente non dovrebbe staccarsi mai. Ritengo che alcune fobie, siano motivate dal concetto di eterno che è scritto in noi. Siamo l’unica specie animale che si pone il concetto di eterno, o for ever. Domanda, chi la messo dentro di noi, com’è che si trova solo dentro l’essere umano? Grazie per l’articolo…

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Tragicomico 19 Aprile 2020 - 19:01

Grazie a te per questo spunto di riflessione aggiuntivo e molto interessante. Hai toccato un punto nevralgico dell’esistenza umana che convoglia nella paura della morte, l’emblema per eccellenza del distacco. A mio avviso non riusciamo a vivere la vita con leggerezza, partendo dai legami, sia personali che materiali, fino a quelli ancora più effimeri. Ci hanno illuso nella convinzione di una vita dopo la morte che ci siamo dimenticati vivere questa di vita. A presto.

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Roberto 7 Giugno 2022 - 16:22

Per rallentare non ci dovrebbe essere bisogno del lavoro che ti fa alzare presto, correre, alienare per 8 o più ore, tornare di corsa a casa per fare qualcosa di gratificante per poco tempo e intanto la giornata se ne è andata. E domani si ricomincia e poi nel week end ci mettiamo tutti in macchina in coda a sprecare altro tempo per arrivare in luoghi pieni di gente tutt’altro che rilassanti. Si deve creare una società dove si lavora meno, si consuma meno e si vive di più

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Claudio 16 Dicembre 2019 - 23:49

Il tempo, come noto, non esiste se non in questa realtà virtuale illusoria caratterizzata dalla freccia del tempo che scorre in un senso. La legge della sintropia invece ci insegna che passato presente e futuro coesistono nel qui ora. Boltzamm che si è inventato la legge dell’entropia si è suicidato. Ieri mattina ero in ritardo per recarmi al lavoro e stavo accelerando le operazioni. Poi mi sono fermato ed ho pensato di fermare il tempo. Così è stato o comunque con calma sono arrivato in anticipo. Il tempo è un’ altro escamotage dell’elite per renderci schiavi. Ciao.

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Tragicomico 17 Dicembre 2019 - 14:24

Ciao Claudio, io credo che ad essere relativa sia soltanto la percezione che noi abbiamo del tempo. E me lo confermi nella seconda parte del commento. Del fatto che ci troviamo dinanzi ad un’accelerazione sociale mi pare ormai evidente, altrimenti non avrei mai preso in considerazione di scrivere un libro intitolato “Schiavi del Tempo”. Apprezzo il tuo intervento, grazie.

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Domenico Pellecchia 23 Febbraio 2021 - 14:55

Nel testo dici che bisognerebbe rallentare il tempo per vivere con serenità e tranquillità.
Come è possibile farlo? Hai dei consigli?

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Tragicomico 23 Febbraio 2021 - 16:53

Ciao Domenico, quello che mi chiedi è quello che scrivo nel mio libro “Schiavi del Tempo“. Te lo consiglio, un abbraccio.

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Chiara 23 Gennaio 2022 - 11:10

Trovo tutto molto interessante, ho provato per 4 anni una vita veramente piena di impegni e lavoro, e devi essere sincera che a 20 anni nei limiti non è così male essere impegnati. Ora ne ho quasi 24, la pandemia mi ha ridato molto tempo ma anziché stare meglio ora sto peggio. Sento che sto buttando i miei anni migliori, che nessuno mi ridarà tutte queste giornate che per paura del Covid passo quasi sempre da sola da ormai 3 anni. Il tempo scorre e io mi sento ferma, sconfitta. Non ho più stimoli, idee, positività come prima, bisogna sempre trovare un equilibrio

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Tragicomico 25 Gennaio 2022 - 18:18

Ciao Chiara, sì hai usato la parola giusta, “equilibrio” o, se preferisci, “la via di mezzo”. In questi anni hai sperimento due estremità, adesso è tempo di trarre le conclusioni e porre a te stessa la fatidica domanda: “cosa non vuoi fare?”. Ecco il mio consiglio, non pensare subito a quello che vuoi, ma usa questi anni per capire cosa NON vuoi più, cosa ti fa stare male, cosa ti devia dal percorrere il sentiero che senti come tuo. Ottimizza il tuo tempo e fai un punto della situazione, cerca di capire non solo dove stai andando, ma anche dove ti trovi e perché ti trovi lì dove non vorresti essere. Senza incolpare nessuno. Senza incolparti. Solo una presa di consapevolezza con la quale ripartire al più presto. Un abbraccio.

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Gianluca Passerini 2 Febbraio 2022 - 15:54

Ciao Chiara , scusa se mi permetto , non sono bravo come Tragicomico ma ti consiglierei di smettere di avere paura , per un breve periodo anche io non ho voluto vedere nessuno , ma poi ho deciso che ero stanco di vivere nella paura , ho ricominciato a vivere come tutti facevamo nel 2019 e tutto è migliorato , anzi , sono anche più felice di allora perché ho conosciuto tante persone simili a me , tra cui addirittura due anime gemelle , pensa cosa mi sarei perso se non avessi trovato il coraggio di cambiare…

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Catone 14 Novembre 2022 - 23:26

Caro tragicomico, sono d’accordo con te. Peccato che quello che tu proponi non sia possibile. Le elite ci hanno messo su una ruota per criceti e la velocità la decidono loro. Se non corri non guadagni abbastanza per vivere.
La ruota viene fatta girare sempre più velocemente, spingendo sulla complicazione artificiale e crescente di ogni aspetto della vita quotidiana.

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Tragicomico 16 Novembre 2022 - 10:19

Ciao Catone, la tua analisi sociale è corretta, ma sottovaluti un aspetto importante dell’essere umano: la presa di coscienza. Quando una persona prende coscienza della sua situazione, ha due possibilità: far finta di nulla, voltare la testa dall’altra parte e continuare a correre, perché è la via meno faticosa. Oppure fermarsi, prendersi una pausa per riflettere e iniziare a scendere dalla ruota, che continuerà a girare, ma non per lui. Il cambiamento è possibile, ma costa fatica e bisogna volerlo.

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pier angelo piai 20 Giugno 2023 - 7:54

Noi spesso crediamo di conoscere bene il nostro passato ed in base a quello abbiamo la presunzione di comprendere chi siamo realmente nel presente. Ma è davvero così?Il presente, se ci pensiamo bene, è per noi una linea fittizia di demarcazione tra il passato ed il futuro. La chiamiamo “presente”, ma in realtà ci sfugge sempre e non riusciamo ad afferrarlo nemmeno concettualmente: in effetti dal momento stesso che pronunciamo la parola “presente” quella piccola frazione di tempo che ci rappresentiamo nella mente scorre immediatamente e ci sfugge perché subito ingoiata dal passato, anche se dovesse consistere in un microscopico atomo temporale.Se il presente sfugge dileguandosi, allora sussiste solo l’attimo. Ma anche esso è immaginario e non è nemmeno rappresentabile. Esso si situa sul versante dell’istante.. L’istante è l’essenza trascendente del presente in quanto inimmaginabile, sfuggente ed irraggiungibile. Coincide con l’Eterno.

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Tragicomico 21 Giugno 2023 - 16:44

La vita stessa termina al presente. Nel passato come nel futuro la vita non esiste, da una parte i ricordi, dall’altra le aspettative, l’unico momento che esiste è quello in cui si vive, proprio adesso mentre leggete queste parole, perché vivere nel presente significa ampliare la percezione stessa del tempo, tutto diventa estremamente più intenso, lento, vivo. Quel momento può essere definito con qualsiasi parola si vuole, ma rappresenterà comunque l’unica occasione per cambiare le carte in tavola della propria esistenza.

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