Giacomo il Giusto, il “fratello di Gesù”, ha un ruolo fondamentale nei primi anni del Cristianesimo ed è considerato, da molti storici e non solo, il vero successore di Gesù. Invece per i Cattolici, il fondatore della Roma cristiana fu, insieme a Paolo (Saulo di Tarso), l’apostolo Simon Pietro, investito della dignità di primo papa da Gesù Cristo stesso: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”.
La discussione relativa alla successione di Gesù è sempre stata tra le più calde in assoluto, visto che ne deriva la paternità vera e propria di ciò che noi oggi chiamiamo Chiesa e Cattolicesimo.
Par strano quando nel Vangelo apocrifo di Tommaso, guarda caso non accettato dalla Chiesa, troviamo le seguenti affermazioni: “I discepoli dissero a Gesù: “Sappiamo che tu ci lascerai. Chi sarà la nostra guida allora?” Gesù rispose: “Ovunque siate, andate da Giacomo il Giusto, per amore del quale sono stati fatti il cielo e la terra” (traduzione a cura di Elaine Pagels nel libro “Il Vangelo Segreto di Tommaso”)
Un’affermazione fortemente in contrasto con chi sostiene, ancora oggi, che Pietro fu il successore di Gesù. A prova delle parole di Tommaso troviamo quelle di uno dei primi padri della Chiesa, Epifanio di Salamina, il quale nel suo libro “Contro le eresie” descrive Giacomo come “il primo degli uomini a cui il Signore affidò il suo trono sulla terra”. Parole pesanti, come macigni, per la Chiesa moderna e di cui troviamo conferma persino nel Nuovo Testamento, negli Atti degli Apostoli in cui si parla di Giacomo come del “primo vescovo di Gerusalemme”. Vi è anche una recente pubblicazione in lingua italiana del controverso saggio “Giacomo il Fratello di Gesù”, del bibliografo Robert Eisenman, un testo che verte sulla diatriba secondo la quale Giacomo il Giusto era un iniziato di rango superiore addirittura dello stesso Gesù.
È palesemente chiaro, a questo punto, che il primato riconosciuto a Giacomo metterebbe in crisi il primato di Pietro e di Paolo su cui si è fondato il potere di Roma nei secoli. E non è soltanto una differenza di primati o di nomi, in quanto la “via” così com’era interpretata da Giacomo e da altri apostoli subito dopo la morte di Gesù, era ben diversa dalla nuova versione dottrinale impostata e propugnata da Paolo.
Paolo era uno che si mescolava con i Gentili (i non-ebrei) e aveva una visione tutta sua della religione a differenza di chi era ritenuto al tempo “Giusto” o “Amico di Dio”, ovvero colui che si sottomette alla volontà divina e non cede all’orgoglio della propria volontà inferiore. Giacomo veniva chiamato “il Giusto” (era chiamato anche “il minore”, per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedia (o Zebedeo), discepolo e cugino di Gesù, detto “il maggiore”) proprio per la sua assoluta dedizione verso la Torah, una rigida osservanza della Legge e la stretta proibizione di mescolarsi con i Gentili.
Per Paolo le leggi potevano anche non essere rispettate, in quanto egli negava la validità della Torah, e lo scrisse anche nella “Lettera ai Galati” (2.11-16), osava mescolarsi con i Gentili e fu il vero responsabile della deificazione di Gesù. Per gli ebrei ortodossi questo era considerato il peggiore dei sacrilegi, presentare Gesù come un essere divino. Nemmeno i discepoli della prima ora o i suoi familiari si sarebbero mai sognati di fare un’affermazione del genere!
Sarebbe come cadere nel “non-giusto”, una blasfemia. Basti pensare che negli stessi Vangeli Gesù non dice mai di essere divino, egli stesso non si chiama mai “Figlio di Dio”, bensì “Figlio dell’Uomo”. Non a caso, se scorriamo il Nuovo Testamento in ordine cronologico, il primo riferimento sulla presunta divinità di Gesù lo troviamo in una delle lettere di Paolo, precisamente nella “Lettera a Tito” (2,13) quando scrive: “nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo.”.
È sempre Paolo che cerca di trasmettere il messaggio del Gesù che aveva assunto i panni dell’agnello sacrificale ed era morto sulla croce del Golgota, per noi, per i nostri peccati. Tutto ciò è in contrasto non solo con le Leggi che vietavano, da Abramo in poi, ogni sacrificio umano, ma persino con le parole del profeta Ezechiele secondo il quale nulla può il sacrificio dell’innocente per il perdono del male commessi da altri: “Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l’iniquità del padre, né il padre l’iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità.” (Ezechiele 18-20).
Paolo ha trasmesso ai Gentili, futuri Cristiani Occidentali, una religione propria, sua, e soprattutto una figura di Gesù totalmente diversa dai predicatori del vero Cristianesimo, a partire appunto da Giacomo il Giusto. Le lettere paoline erano viste dallo stesso Giacomo come blasfeme e piene di insulti alla Legge e denigratorie del rito della circoncisione, Il Brit milà, “patto della circoncisione” che fu comandato da Dio ad Abramo.
Tutto questo per sottolineare il forte contrasto che vi era tra Giacomo il Giusto, considerato il vero successore di Gesù, e Saulo di Tarso, detto Paolo, fondatore insieme a Pietro della Chiesa di Roma. Sempre nel libro di Robert Eisenman vi è dedicato un intero capitolo, riguardo ad un’aggressione da parte di Paolo a Giacomo, non verbale, bensì fisica. Infatti si narra che Paolo preso da un accesso di ira, spintonò Giacomo giù dalla scalinata del Tempio causandogli la frattura di entrambe le gambe.
Fu proprio in seguito a questo atto di violenza che avvenne l’arresto di Paolo e non come scritto negli Atti degli Apostoli, in cui si evince che il motivo dell’arresto era l’irritante predicazione di Paolo che infastidiva gli ebrei osservanti la Legge. Fu un arresto preventivo, per evitare il linciaggio dello stesso Paolo (peraltro cittadino romano!) da parte dei seguaci di Giacomo. Non si spiega altrimenti la scorta di ben 200 fanti, 70 cavalieri e 200 lancieri, raccontata negli Atti degli Apostoli (23-23), per scortare il trasferimento di Paolo nel carcere di Cesarea. Paolo, infatti, non sembrerebbe essere quel modesto fabbricatore di tende che ci raccontano, ma un membro della dinastia Erodiana (fonte: La parentela con Agrippa II).
Vi è un passaggio nel libro “Guerra Giudaica” (libro 2, cap14.4) dello storico e scrittore romano Giuseppe Flavio il quale scrive che quando le forze dei terroristi e criminali Zeloti occuparono la città di Gerusalemme nel 66 d.c “I maggiorenti, vedendo che ormai non potevano più soffocare la ribellione e che loro sarebbero poi stati i primi a subirne le pericolose conseguenze da parte
dei romani, si preoccuparono di declinare la loro responsabilità e mandarono ambasciatori sia a Floro, capeggiati da Simone figlio di Anania, sia ad Agrippa, tra cui primeggiavano Saul, Antipa e Costobar, legati al Re da vincoli di parentela. ”.
Questo passaggio scritto da Giuseppe Flavio assume un’importanza colossale per due motivi: dimostra ancora una volta il legame tra Saul (Paolo) e il Re Erode Agrippa II, oltre a mettere in forte dubbio ciò che afferma la Chiesa Romana, ovvero che san Paolo venne martirizzato a Roma sempre nel 66 d.c. , non citando alcuna fonte certa.
Nel libro “Il codice Segreto dei Templari” di Tim Wallace-Murphy ci vengono spiegati i dettagli sull’uccisione di Giacomo il Giusto: “L’inevitabile conflitto sfocia in tragedia quando il re Agrippa [che coincidenza, Sic!] nomina un nuovo sacerdote sadduceo, un certo Anano, il quale, istigato, convoca il sinedrio per processare Giacomo, accusandolo di blasfemia. […] Il fratello di Gesù venne fatto precipitare dalla murata del Tempio, preso a sassate e da ultimo terminato con dei colpi di bastone sulla testa”.
Dopo qualche anno dalla sua morte (avvenuta probabilmente nel 62 d.c) Gerusalemme cadeva sotto il colpi dei Romani (70 d.c.) in una terribile carneficina. La Città Santa e il suo Tempio furono rasi al suolo, ed è da quel momento che sarebbero cambiate tutte le carte in tavola, per gli Ebrei, per gli autentici eredi del Cristo e per il mondo intero. Infatti a questo punto Paolo e i suoi seguaci avevano campo libero per agire e predicare, e tutti coloro che potevano eventualmente contrastarli e testimoniare la vera parola di Gesù furono costretti a nascondersi o fatti prigionieri o nella peggiore delle ipotesi massacrati dai romani.
Il vero Messaggio Evangelico professato da Giacomo e dagli altri fratelli di Gesù è stato quindi soppiantato da un Cristianesimo (quello Paolino) che sarebbe un calderone di concetti Ellenistici mescolati a concetti Pagani e Giudaici.
È in quest’ottica che la teologia Neotestamentaria deriverebbe, da concetti Paolini spacciati per materiale proveniente dagli apostoli. Non solo, sembra palesemente chiaro a questo punto come la dottrina della verginità perpetua di Maria, non diventi altro che un perspicace stratagemma da parte della Chiesa sessuofoba non ebraica, per offuscare l’importanza di Giacomo il Giusto e dei suoi fratelli, un modo originale per togliere prestigio ai loro insegnamenti e relegarli nel dimenticatoio a causa della dottrina “anti-Romana” e fondamentalista che professavano.
Ora, la domanda che dovremmo porci è soltanto una: chi realmente conosceva ciò che Gesù voleva trasmettere attraverso i suoi insegnamenti, ovvero le sue parole, ciò che predicava? Giacomo il Giusto, suo “fratello”, apostolo e scelto da Gesù stesso come suo Successore (passaggio evidenziato nel vangelo di Tommaso), o Paolo, cittadino romano, che, senza neppur aver conosciuto Gesù, lo divinizza e ne fa un Dio delle genti?
La risposta, per quanto ovvia, resta sepolta in quel periodo buio, oscuro, dei primi anni del Cristianesimo…
19 commenti
Gesù non ha successori. Il vescovo romano non è successore di Gesù, ma successore di Pietro che a sua volta non era successore di Gesù come non lo era Giacomo né altri. Gesù non può avere successori semplicemente perché egli è Dio. Il vangelo di Tommaso è un apocrifo, e per questo i vescovi non l’hanno mai inserito nel Canone dei libri divinamente ispirati.
Lei confonde causa con effetto, non è che un apocrifo e quindi non è stato inserito, bensì non si è voluto inserirlo e quindi è diventato apocrifo.
Interessante. Trovo per caso altri argomenti a supporto della tesi Paolo di Tarso inventore della chiesa Romana e di tanta di quella teologia che la regge, a discapito di quello che sarebbe dovuto essere il vero messaggio di Gesù.
Io avevo letto il libro “Paolo il falso” di Mario Pincherle. In questo libro l’autore arrivava alla stessa conclusione. Tuttavia trovo in questo articolo delle notizie e delle argomentazioni che non sembrano avere la stessa origine.
Ulteriori conferme dunque.
Grazie per l’interessamento, nell’articolo vengono menzionati altri consigli bibliografici che meritano di essere consultati, per chi ha sete di conoscenza e vuole confrontare tesi e opinion al riguardo di determinate dinamiche e svolgimenti storici.
Grazie per l’articolo, Gesu non era un fanatico della religione ebraica, lo dimostra innumerevoli volte nei vangeli, anzi era un vero e proprio eretico, non per nulla è stato crocefisso, quindi non capisco come questa cosa si accorda con il pensiero ortodosso di Giacomo. Vedo Cristo più affine alla dottrina Paolina, cosmopolita e per certi versi anti ebraica.
Assolutamente d’accordo con tragicomico.
La scelta dei vangeli da inserire è stata dettata dalla necessità di affermare una precisa linea teologica della Chiesa non dalla certezza dell’ ispirazione divina .
Paolo era cittadino romano quindi di cultura romana. Sapeva che la religione politeista nell’impero romano era in crisi e, saggiamente, pensò che la nuova religione cristiana, monoteista, avesse buone probabilità di avere successo a Roma e nell’impero. Fece una operazione di “romanizzazione” del primo cristianesimo evitando gli eccessi della religione ebraica (fanatica e con un Dio certo non misericordioso). Per i romani l’imperatore era un dio e le divinità a Roma erano innumerevoli. Per fare accettare ai romani Gesù, Paolo sostenne che fosse un dio. Sono un cristiano che non crede alla divinità di Gesù. Gesù fu un uomo geniale il cui insegnamento rappresenta una mirabile sintesi della cultura mediterranea.
Grazie Sergio, per essere passato da qui e per aver lasciato una traccia. A presto.
Interessante e riflessione condivisibile, d’altra parte mi piace il vangelo di Tommaso ed essendo parte di quella Chiesa che fonda la sue radici in quel Vangelo non potrebbe essere diverso. Saulo di Tarso ha fatto tanti danni e il perché è presto detto: l’ego e il potere possono corrompere l’animo più nobile, immaginarsi se poi non è nobile. Tuttavia, questi sono giudizi a posteriori basati su scritti di cui sappiamo poco, soprattutto le motivazioni per le quali sono stati scritti. Possiamo solo prendere i concetti espressi e collegarli secondo quanto già conosciamo, in quell’attimo di collegamento o quid interiore possiamo percepire dentro di noi il senso di quelle affermazioni. Non sarà la verità in senso assoluto o ciò che gli scrittori volevano effettivamente dire e non potrebbe mai esserlo, a meno se per assurdo di non ricordarsi di aver vissuto in quel periodo e di aver incontrato tali personaggi. La questione è che dentro di noi c’è la risposta a tali quesiti ma potremo accedervi solo quando metteremo da parte gli assolutismi e le divisioni e ci apriremo alle piccole verità degli altri, perché ognuno di noi si muove sul filo di una personale verità e sebbene sia importante è ancora più rilevante comprendere il perché abbiamo quella verità, dietro di essa, dietro quel perché si celano moti interni che possono portarci a scoprire noi stessi e la parte migliore del nostro essere.
Personalmente penso che Gesù ha lasciato un messaggio importantissimo, di una profondità che è difficile da vedere o percepire, ne vediamo la superficie e crediamo di aver compreso, tuttavia temo che non sia così. Credo che ci ha donato non solo il messaggio ma si sia donato a noi nella sua parte intima e per questo motivo dentro di noi ci sostiene con la sua forza e amore. Vi sono cose che non si possono raccontare quanto percepire e vivere.
Credo che sì, il messaggio finale è quello che risuona nell’intimo di ciascuno di noi. Ma poi c’è la storia, i fatti, la realtà, e una volta tanto vale la pena sforzarsi di vederla con oggettività, per ciò che è, senza romanzarla o contaminarla.
La questione, certamente complessa, riguarda l’inclusività (propugnata da Paolo) e l’esclusività (sostenuta da Giacomo e, inizialmente, da Pietro) del messaggio di Gesù. L’Assemblea di Gerusalemme cercò di mettere fine a questo contrasto e prevalse, come la storia ci indica, la visione omnicomprensiva Paolina. Le questioni di purità alimentare e legale avrebbero escluso i gentili, che Paolo voleva fare destinatari del messaggio di Salvezza. Fu una mossa politica? Non lo so e forse non lo sapremo mai. Per me quello che conta è il messaggio rivelato e, in quanto tale, ispirato da Qualcosa che ci trascende e a cui siamo naturalmente orientati.
Certo, il messaggio rivelato ha valenza universale, a differenza dei dogmi che invece sono stati imposti da qualcun altro.
Giovanni 10:16
Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore.
Questo passaggio non indica forse la non esclusività del popolo ebraico al messaggio di cui Gesù era portatore?
Probabile, è evidente a tutti che il messaggio del Cristo, a differenza del Vecchio Testamento, risulta molto più universale.
Nel Vangelo secondo Marco (7) Gesù paragona i non ebrei ai cagnolini.
25 Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi. 26 Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine siro-fenicia. 27 Ed egli le disse: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». …
Ma se Cristo fu crocifisso ufficialmente per essersi paragonato a Dio ( “Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Giovanni 10:33) ) come puoi sostenere nel tuo articolo che Gesù non disse mai di essere divino? Inoltre Egli stesso affermò: “Io e il Padre siamo uno” Giovanni 10:30: . Giovanni 8:58 è un altro esempio. Gesù affermò: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono”, inoltre non corregge mai i Giudei che lo accusavano di essersi fatto Dio, lo stesso discepolo Tommaso dichiarò: “Signor mio e Dio mio!” (Giovanni 20:28)… forse il non dichiarare con clamore il Suo essere Dio è solo un altro esempio dell’umiltà di Dio.
Ciao Luca, se è per questo non possiamo nemmeno affermare il contrario, non eravamo mica lì per saperlo. Tu fai fede alle parole estrapolate da una vangelo che, ti ricordo, è stato scritto quasi 100 anni dopo la morte di Cristo.
Proprio vero. E di pari passo chissà cosa scriveranno di noi tra 100 anni senza averci conosciuto di persona. Solo illazioni o, semplicemente, opinioni. 😉
Il Vangelo cosiddetto secondo Giovanni inventava un Gesù immaginario, un personaggio differente da quello dei Vangeli sinottici. Quel Vangelo scritto in greco da qualcuno che era imbevuto di cultura ellenistica e di neoplatonismo aveva poco o niente a che fare col Gesù che nel Vangelo secondo Matteo (10:5-7) aveva detto:
“Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;
rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.
E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.”
Paolo di Tarso e l’autore del Vangelo secondo Giovanni (probabile pseudoepigrafo) contribuirono a inventare una nuova religione adatta per avere successo tra i politeisti dell’Impero Romano e tra gli ellenisti, presso cui la venerazione per Maria avrebbe sostituito il culto della dea vergine Artemide.
Può essere illuminante il saggio “I volti di Gesù” dell’autorevole studioso Géza Vermes, che era stato anche l’autore della traduzione standard in inglese dei Manoscritti del Mar Morto.