Vivere in armonia con se stessi, per un’esistenza equilibrata e soddisfacente, dovrebbe essere l’obiettivo cardine di ogni vita umana. Ma la tendenza, a quanto pare, è ben diversa. Sempre più persone, infatti, provano un senso di vuoto e di insoddisfazione profonda, si trovano smarrite in una società dove le regole dogmatiche sbarrano l’accesso alla valorizzazione della nostra personalità e al raggiungimento dei nostri obiettivi di vita. In altre parole ci troviamo sbilanciati, la società sovrasta il nostro essere. Ecco perché definisco “arte” la capacità di vivere in armonia con se stessi.
Comprendere un po’ meglio il nostro comportamento – il perché delle nostre azioni – non può che esserci utile per rimettere in equilibrio i piatti della bilancia, per poter sorvegliare il nostro modo di essere, per poter portare avanti un’esistenza che non sia un continuo confronto, ma che sia solamente nostra e vissuta in maniera intelligente. Non è semplice, lo so, ma nemmeno impossibile, è un’arte e va imparata, richiede una buona conoscenza di noi stessi e l’uso di tutta la personalità. Ma partiamo dall’inizio…
Nel corso della “costruzione” della nostra vita, troveremo certamente intoppi e inconvenienti e spesso saremo costretti correggere il tiro. Ciò che più importa, però, è che il nostro progetto non venga cambiato ad ogni istante, ma subisca solo degli adattamenti per affrontare, con una certa flessibilità, le circostanze che ci sbarrano il passo. Un certo Carl Gustav Jung, che di psiche umana ne capiva abbastanza, scrisse questa riflessione nel suo libro “Il segreto del fiore d’oro”:
“Di tanto in tanto capitavano, nella mia pratica terapeutica, eventi di questo tipo, e cioè che un paziente riuscisse a superare se stesso grazie a potenzialità a lui sconosciute; ciò costituì per me l’esperienza più preziosa. Nel frattempo avevo infatti imparato che i problemi più grandi e importanti della vita sono, in fondo, tutti insolubili; e non possono non esserlo, perché esprimono la necessaria polarità inerente a ogni sistema di autoregolazione. Essi dunque non potranno mai essere risolti, ma soltanto superati.”
Superare il problema, non risolverlo. E spesso per superarlo basta semplicemente cambiare punto di vista da cui si osserva e si valuta il problema stesso. Fin da dalla nostra adolescenza, ad esempio, siamo chiamati a trovare un giusto accordo con i nostri genitori, pensando che è tempo di iniziare uno scambio di comprensione: dopo tutta quella che abbiamo ricevuto, è ora il nostro turno di darla, evitando dissidi e critiche inutili che possono portare sofferenza a tutta la famiglia. Per quanto grande sia il divario tra generazioni, è sempre possibile trovare un punto di accordo, nel rispetto di quelle passate e di quelle future. Anche noi giovani d’oggi, un giorno diremo: “..ai miei tempi!”. Perchè vivere in armonia con se stessi significa anche questo: evitare gli scontri!
Poi, c’è la questione lavorativa, che, invece, non va d’accordo con la pigrizia, bensì con l’ambizione e la perseveranza. Tutti o quasi, in questa società, abbiamo “bisogno” di lavorare, ma nel lavoro è auspicabile trovare soddisfazione, qualunque mestiere o professione si svolga. Certamente, è importante fare il lavoro che piace, ma, come spesso accade e quando ciò non avviene, è inutile passare l’esistenza a lamentarsi per quanto si sarebbe potuto fare di meglio, in attesa di un improbabile colpo di fortuna. Riuscire nella vita non dipende soltanto dalla fortuna (esiste?), ma, più spesso, dall’impegno e dallo sforzo personale. E se, nonostante tutto, non si riuscirà a migliorare la situazione, vivere in continuo contrasto con il proprio lavoro non servirà che a far accumulare quintali di stress e allontanarsi sempre più dalla possibilità di vivere in armonia con se stessi.
È molto meglio sapersi adattare, non certo passivamente, ma cercando di valorizzare la parte migliore che in ogni lavoro c’è sempre, solo a saperla vedere: se non altro, un’attività lavorativa in questo Sistema permette di mantenersi, di non dover dipendere solo ed esclusivamente da qualcuno, di avere, quindi, maggiore fiducia in se stessi e un giusto senso di orgoglio. Il lavoro non è solo successo materiale, ma, anzitutto, successo di se stessi, successo nel compiere il proprio dovere, nella coscienza di un guadagno onesto e meritato.
Ma, per vivere in armonia con se stessi, bisogna tenere conto di un fattore indissolubile per l’essere umano: l’amore! Un “farmaco” che guarisce tutti i mali. Come si potrebbe vivere senza dare e ricevere amore? Che sia una pianta, un animale, una persona, un paesaggio, una città, l’amore è un sentimento che non si esaurisce mai, anzi, si rigenera sempre, ma bisogna saperlo dare senza condizioni, senza limiti, senza egoismi e saperlo accettare allo stesso modo. Se si ama se stessi si sa amare anche gli altri e, dall’amore ricevuto, deriva un ulteriore rinforzo ad amare ancora e meglio.
Non si può, invece, pretendere di mantenere vivo questo sentimento alternandolo con altri negativi: a mancanza di rispetto, a litigi, a incomprensioni, a risentimenti. Tutto ciò non fa che guastare e rendere più labile ciò che avrebbe potuto portare una vita felice. La nostra maturità emotiva si dimostra proprio nell’impegno a mantenere un sentimento che, solo a volerlo, può non aver mai fine. Bisogna, però, alimentarlo costantemente e non credere che, di per sé, possa continuare a soddisfare noi e gli altri.
Questo intimo appagamento è fondamentale, a maggior ragione, quando si inizia una vita a due e quando coscientemente si decide di mettere alla luce una creatura. Il nostro equilibrio, il nostro voler vivere in armonia, devono guidarci a prendere questa decisione in piena consapevolezza. Un figlio non accresce un amore che sta affievolendosi, non avvicina due strade che stanno divergendo, non fa ritrovare quanto è già perduto. La nostra maturità e la nostra adeguatezza vengono dimostrate soprattutto in questo atto d’amore che coinvolge altri esseri oppure nella consapevolezza che non è ancora giunto il momento di affrontare una così importante decisione. O che non giungerà mai. Qualunque sia la scelta, se fatta coscientemente, non farà che rendere onore alla nostra maturità psicologica.
Tutte le nostre ricchezze interiori possono comunque essere ben distribuite altrove. Noi stessi, per primi, dobbiamo imparare a riconoscerle e ad apprezzarle. Infatti, non serve a niente impegnarsi in una ricerca minuziosa per scoprire difetti o attribuirsi tratti negativi e cronici. Ogni cosa che non va può sempre essere modificata o corretta, mai considerata un tratto definitivo. Nessuno è tanto brutto, tanto sciocco, tanto inutile o senza fantasia: accanto a quella che viene definita come “bruttezza” in questa società, ci può essere il fascino, come accanto alla mancanza di fantasia ci può sempre essere la riflessione.
È giusto criticarsi in alcuni casi, in maniera costruttiva, proprio per modificare ciò che in noi non apprezziamo, ma è altrettanto giusto attribuirsi pieno merito di quanto c’è di positivo e di quanto siamo riusciti a costruire con le nostre forze e con il personale impegno. Le qualità che si posseggono vanno giustamente valutate e mostrate anche agli altri come doni che possono essere offerti: non sono proprio le qualità positive che anche noi ricerchiamo negli altri?
Siamo così abituati a invidiare i talenti altrui da perdere di vista i nostri. Questa competizione malata che avvelena l’aria ci fa dimenticare che non esiste essere umano senza virtù, non esiste creatura che non stringa sotto pelle qualche sparuta briciola di bellezza.”
Dal mio libro “Schiavi del Tempo“
Con l’avanzare dell’età non dobbiamo permettere che quanto abbiamo conquistato svanisca nella tristezza e nell’acredine. Sappiamo chi siamo, ma, soprattutto, sappiamo “di essere”. Sappiamo di occupare un posto nel mondo che è soltanto nostro, ma strettamente comunicante con quello degli altri. Dobbiamo continuare a essere, con la nostra presenza fisica, e con tutto quanto che c’è in noi, mantenendo il “progetto di vita” che è iniziato molto tempo prima e che mai si concluderà. Hermann Hesse scrive nel suo libro “Demian”:
“Molte volte avevo fantasticato sul mio futuro, avevo sognato ruoli che mi potevano essere destinati, poeta o profeta o pittore o qualcosa di simile. Niente di tutto ciò. Né io ero qui per fare il poeta, per predicare o dipingere, non ero qui per questo. Tutto ciò è secondario. La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi. Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Il problema è realizzare il suo proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto fino in fondo dentro di sé.”.
Se in noi c’è una continua maturazione, c’è anche una continua crescita che ci porterà a risolvere i compiti specifici dell’età. In nessun momento, quindi, possiamo permettere che la nostra “costruzione” venga distrutta, nemmeno parzialmente. La coscienza di quello che abbiamo fatto e che siamo diventati deve essere sempre e comunque motivo di orgoglio, mai di rimpianto o nostalgia. Se abbiamo saputo portare avanti il nostro progetto di vita senza cedere a compromessi e senza apportare grosse modifiche, allora tutto quello che abbiamo saputo dare, conquistare, cogliere, sarà servito ad aumentare o mantenere il nostro equilibrio personale.
Le illusioni non sono costruttive. E fanno deviare facilmente. Tutto ciò che, invece, è aderente alla realtà, tutto ciò che porta a un’accettazione di sé, alla comprensione di quanto è appropriato ai nostri bisogni, ad adeguarsi agli altri e alle nostre capacità e ad atteggiarsi costruttivamente nei confronti della vita, contribuisce a mantenere la nostra salute psichica senza distrazioni o illusioni inutili.
La “chiave” della vita, in fondo, è proprio questa: non un modello uguale per tutti, ma un insieme di personali propositi, di regole, di certezze, di princìpi, di spinte, di desideri che stanno tra loro in equilibrio armonico e che soddisfano, aiutano, maturano e danno sempre il senso di “essere”, di esistere.
Per vivere in armonia tutto è nelle nostre mani e, quindi, nelle nostre possibilità. Ognuno di noi può, allora, avere la sua “chiave della felicità” riconoscendo le potenzialità che sono in lui e usandole in maniera adeguata. Sembra, invece, e purtroppo, che molti le rifuggano e a costoro sarebbe utile ripetere quanto un personaggio di Dostoevskij dice ne “I Demoni”:
“L’uomo è infelice perché non sa di essere felice. Soltanto per questo.
Chi lo comprende sarà subito felice, immediatamente, nello stesso istante”.
2 commenti
Ciao tragicomico, a proposito della frase con cui chiudi l’articolo, non sappiamo di essere felici. Dentro di me a volte sento come un languore indefinibile lo sento adesso mentre scrivo, potrebbe essere sia tristezza che felicità. Sento il battito del cuore. Ebbene ho deciso!! È senza ombra di dubbio felicità!!!. Un forte abbraccio. mari
La tua decisione, cara Mari, non potrà che aiutarti a vivere meglio e a godere di più della tua stessa esistenza. Un abbraccio!