Sindrome Della Capanna: La Paura (O Non Voglia) Di Uscire Dopo Il Lockdown

Tragicomico
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La Sindrome della capanna, detta anche Sindrome del prigioniero, è un’espressione che esiste da oltre un secolo, in passato veniva adoperata per descrivere il rifiuto di tornare alla civiltà da parte dei cercatori d’oro che, negli Stati Uniti a cavallo fra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, parteciparono a quella che possiamo definire come la corsa all’oro (o febbre dell’oro). Persone che trascorrevano interi mesi all’interno di una capanna, a volte anni, isolandosi completamente dalla civiltà, sviluppando così una forte riluttanza nei confronti della socialità e della convivialità. La capanna, insomma, diventava il loro mondo.  

Lo stesso stato di solitudine che incombeva su quelle persone che vivevano in campagna e rimanevano bloccate nelle loro case a causa del freddo invernale e della neve incessante. Persone che restavano isolate per mesi, senza alcun contatto sociale e tendevano a sviluppare sentimenti di totale chiusura verso il prossimo. Un stato di malessere che colpiva anche marinai, esploratori e prigionieri, anch’essi vittime di stili di vita volutamente o forzatamente in isolamento.

È bene precisare che la “sindrome della capanna” (dall’originale “Cabin Fever” – febbre della capanna) non è un disturbo psicologico, non è quindi una diagnosi ufficiale, non esiste sul DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ma è un insieme di sintomi che spesso vengono a manifestarsi dopo un periodo di confinamento. Sintomi da non sottovalutare, perché possono rappresentare una seria minaccia per il nostro benessere generale. Ecco alcuni esempi: disturbi d’ansia e del sonno, ma anche irritabilità, letargia, angoscia, impazienza, tristezza, oltre ad un assopimento delle motivazioni e sentimenti sempre più blandi.

E se un tempo l’essere umano era predisposto ad affrontare scenari simili, perché erano in previsione, oggi la situazione è decisamente diversa. Una pandemia improvvisa con conseguenti lockdown sta costringendo, da mesi, intere popolazioni a vivere rintanate nelle proprie case, a volte nelle propria stanza, con profondi cambiamenti nella realtà quotidiana, in una cosiddetta quarantena di massa.  

La sindrome della capanna è più diffusa di quanto non si pensi, tant’è che l’Università di Pechino ha elaborato una scala per valutarne l’incidenza. L’OMS ha segnalato dall’inizio della pandemia che l’emergenza Covid-19 sta provocando un sensibile aumento di patologie e la Società Italiana di Psichiatria ha affermato che queste patologie stanno interessando nel nostro Paese circa 1 milione di persone.

Sono molte le persone che, proprio in questo periodo, stanno sperimentando paura e ansia all’idea di uscire dal confinamento delle proprie mura domestiche. Al punto che preferirebbero restare in casa. Altre si sono impigrite così tanto da non avere più la voglia e lo stimolo di uscire di casa.  Le persone più colpite sono quelle rimaste spiazzate dal periodo di isolamento e ora provano un forte senso di smarrimento e inadeguatezza, perché non riescono a immaginare un vita nuova, ma soprattutto, diversa. E c’è chi si sente frustrato nel dover riprendere con i ritmi forsennati di produzione, con l’ansia di avere a che fare con i propri impegni al di fuori delle pareti domestiche, di stare insieme a colleghi poco desiderati o con clienti insistenti.

Del resto, lo stare confinati dentro casa senza troppi obblighi, porta con sé anche il rischio di impigrirsi, soprattutto in persone già predisposte, persone che già dapprima non amavano uscire di casa e per loro ogni lockdown è motivo di esultanza, perché se loro non hanno voglia di uscire, di socialità, allora è bene che non sia concessa nemmeno agli altri. Persone pronte a sputare veleno sui social, a inveire contro il runner che passa sotto casa, con il vicino che porta il cane a passeggio e l’anziano di fronte che, poverino, in tutta solitudine, è costretto a provvedere da solo al sostentamento di se stesso.

Insomma, il ritorno alla – nuova – normalità non è gradito a tutti: troppe pressioni in quel mondo esterno che ora ci guarda con tono minaccioso, troppi pericoli, e le mura domestiche sono diventate il nostro rifugio, la nostra capanna, il nostro mondo. Ci siamo confinati all’interno e all’esterno abbiamo stabilito un altro confine fatto di filo spinato, disegnato un perimetro immaginario di sicurezza e non abbiamo nessuna voglia di varcare la soglia di casa in cambio di un clima di incertezza.

Eppure la quarantena ha permesso a molte persone di avere maggiore tempo per se stesse, tempo da dedicare ai propri affetti, per coltivare le proprie passioni, per riscoprire qualità dimenticate. Ha permesso di sperimentare ritmi  differenti di vita, per dare maggiore importanza all’ascolto, alla lentezza, alla bellezza delle piccole cose, come un pane caldo appena sfornato. In altre parole, i nostri meccanismi di sopravvivenza ci hanno permesso di contrastare quel sentimento alienante che avevamo nei confronti di noi stessi e di adattarci al confinamento con un approccio di introspezione.

Ecco perché ora la rinascita fa paura, mette ansia, perché lì fuori molte cose non sono più come prima. Ma una rinascita è necessaria, per non morire murati vivi prima del tempo . Dopotutto, da un punto di vista evoluzionistico, uno dei principali bisogni esistenziali dell’Homo sapiens è il bisogno di appartenere. Siamo animali sociali, apparteniamo alla società. Come specie umana “moderna” abbiamo il bisogno di contatti regolari e cooperazione con altri individui ai fini della sopravvivenza. E quando avviene il contrario, l’isolamento influenzerà negativamente la nostra mente e il nostro corpo, come già testimoniato da molti esploratori di stazioni polari.

Per superare il blocco dovuto alla sindrome della capanna c’è solo una combinazione possibile: si chiama gradualità. Bisognerà riscoprire il nuovo mondo gradualmente. Ogni piccolo passo quotidiano sarà essenziale per verificare che il mondo non è sempre una minaccia, anzi il più delle volte non lo è mai. Cambieranno le abitudini, i nostri ritmi, il modo di stare insieme, ma saremo sempre noi i padroni delle nostre vite. Non dobbiamo sentirci sopraffatti,  anche se non possiamo controllare la pandemia con le sue conseguenze, possiamo controllare il modo in cui rispondiamo ad essa, così come non possiamo controllare le emozioni provocate dalla “sindrome della capanna”, ma possiamo controllare ciò che facciamo per reagire e per evitare che il nostro tempo scivoli via come sabbia fra le dita.

Dobbiamo accettare il sopraggiungere delle nostre emozioni, senza farci travolgere e cercare di prefissarci degli obiettivi a breve termine, in modo da gestire in maniera profittevole il tempo a disposizione e impedire che le preoccupazioni possano prendere il sopravvento. Obiettivi che riguardano prima il nostro modo di vivere in casa e successivamente il nostro voler sgusciare fuori, nel mondo. Vale sempre la stessa legge: stare bene dentro per saper stare bene fuori.

Possiamo leggere, meditare, fare degli esercizi di respirazione utili per prevenire eventuali attacchi di panico e di ansia, guardare dei film che incentivano il buonumore, suonare uno strumento,  fare attività fisica, giocare coi propri figli; sono alcune delle modalità attraverso le quali è possibile mettere da parte ansie e paure. E successivamente prepararci ad accogliere il nuovo mondo, partendo da ciò che non è mai cambiato: la natura. Lei è sempre lì, pronta ad accogliere chiunque. Varcate la soglia di casa in solitudine per riconnettervi con l’essenza naturale delle cose, per osservare un tramonto, per una passeggiata senza rumori nei dintorni, per osservare i colori della natura che brillano dopo un temporale, per sentire il tepore del sole sul viso. Il cambiamento passa sempre dalle piccole grandi cose.

È fondamentale provare a cambiare prospettiva dalla quale osservare questo particolare momento storico, magari attraverso delle lenti speciali che possano offrire uno squarcio positivo, per trovare il bello in ciò che sembra osceno, per scoprire il sano lì dove molti vedono il marcio. Come direbbe Baudelaire: Tu mi hai dato fango e io ne ho fatto oro. Questa pandemia deve servirci a comprendere il valore degli affetti, delle persone realmente importanti e a lasciarci alle spalle quanto di superfluo aveva caratterizzato la nostra vita. Sfruttiamo questa fase per riscoprire l’essenzialità delle cose.
E riflettere su noi stessi potrebbe essere un modo sano per ridurre gli effetti della sindrome della capanna, per riscoprirci, per capire che la nostra infelicità non è dovuta ad un virus, o al mondo che sta fuori, ma nel fatto che desideriamo sempre ciò che non abbiamo e appena ce l’abbiamo, smettiamo di volerlo. Tragicomico, non è vero?

E allora, se il mondo è cambiato, forse significa che siamo anche noi a dover cambiare. Senza paura, perché anche oggi è possibile vivere bene e, se decideremo di mirare al miglioramento di noi stessi, potremo vivere anche meglio. È tempo di smetterla di concentrarci sul problema e di iniziare a vivere in funzione della soluzione. Del resto, l’Era dell’Acquario è alle porte, un’Era che richiede necessariamente un cambiamento nei singoli individui, oltre che nella società in generale. In altre parole, è tempo di uscire e rinascere.

“Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare.”
(Eraclito)

Tragicomico

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6 commenti

Silvia 31 Dicembre 2020 - 15:28

Grazie per questo meraviglioso messaggio che sento risuona in me .. ogni fine anno faccio una riflessione in più e oggi le tue parole mi stanno aiutando …un bel regalo
Grazie

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Tragicomico 31 Dicembre 2020 - 16:46

Grazie a te Silvia, è sempre un piacere averti come lettrice. Ti auguro un anno ricco di riflessioni e di azioni positive e mi permetto di consigliari il mio libro “La cattiva abitudine di essere infelici“. Un abbraccio

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SILVANA F WOOD 31 Dicembre 2020 - 23:13

Bellissimo articolo, sono una delle persone che vivendo in Canada in una provincia piatta e senza bellezze naturali, non uscirei mai di casa, dovunque si va bisogna andare in macchina! Ero quasi contenta delle restrizioni, cosi’ avevo una scusa! Mi devo forzare ad andare in palestra per un’ora! Spero 2021 sia un anno migliore per tutti noi!

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Tragicomico 1 Gennaio 2021 - 23:03

Ciao Silvana, grazie per la tua onestà intellettuale e per aver apprezzato questo mio nuovo articolo. Ti auguro un 2021 alla riscoperta dell’essenzialità di tutte le cose, con piccoli grandi cambiamenti (positivi) nella tua vita. È tempo di riprendere in mano la tua esistenza, anche al di fuori delle mura domestiche, ogni giorno è quello giusto per scoprire che nelle piccole cose, si nascondono bellezze ancora più grandi. Un abbraccio.

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Elisa 30 Gennaio 2021 - 11:15

Toccata! …ora sono ancora più curiosa di leggere il tuo libro (che adesso sta leggendo il mio 11enne e ne è affascinato)

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Tragicomico 30 Gennaio 2021 - 17:13

Bene, sono felice di sapere che c’è ancora chi indirizza i propri ragazzi verso la lettura e spero che anche tu, cara Elisa, potrai trarre qualcosa di utile dalla mia piccola e umile opera. Aspetterò un tuo parere a lettura terminata e grazie per essere passata da qui a leggermi.

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