Viviamo in un’epoca che esalta l’immediatezza e la facilità, dove il risultato senza sforzo è diventato un imperativo. Dalle applicazioni che ci consegnano il cibo a domicilio, ai corsi online che promettono miracoli in poche settimane, la tentazione di evitare la fatica è sempre più pervasiva. Un clic e abbiamo tutto a portata di mano: informazioni, cibo, intrattenimento, relazioni. Un tutorial e sappiamo (o crediamo di sapere) fare qualsiasi cosa. Ma questa immediata gratificazione, questa illusione di un mondo senza fatica sta inaridendo la nostra capacità di affrontare le sfide, di resistere alla frustrazione e di crescere umanamente. La ricerca spasmodica della semplificazione, infatti, rischia di impoverire la nostra esistenza e quella della società nel suo complesso.
Il titolo che ho scelto – “le situazioni facili non aiutano a saper vivere” – a mio avviso racchiude in sé una profonda verità. Affrontare sfide complesse ci insegna a essere più creativi nella ricerca di soluzioni, a gestire l’incertezza con maggiore consapevolezza e a imparare dagli errori in modo costruttivo. Queste abilità sono essenziali in un mondo in continua evoluzione, dove le informazioni e le istruzioni diventano obsolete in meno di 24h. Ciò che è valido oggi potrebbe non esserlo domani. Pertanto è proprio nelle situazioni avverse che scopriamo le nostre vere risorse interiori, la nostra capacità di accettare e affrontare le difficoltà, di adattarci ai cambiamenti, anche repentini, e di superare i nostri conflitti.
“Difficoltà è il nome di uno strumento antichissimo, creato con l’unico scopo di aiutarci a capire chi siamo.”
(Paulo Coelho, Il manoscritto ritrovato ad Accra)
La storia di ogni essere umano è costellata di momenti di crisi, fallimenti e delusioni. È proprio in questi frangenti, però, che abbiamo l’opportunità di reinventarci, di emergere più forti e consapevoli di noi stessi e del mondo circostante. Le difficoltà ci spingono al di là dei nostri soliti limiti, ci invitano a mettere in discussione le nostre certezze e a esplorare nuove prospettive del saper vivere. Ci insegnano l’importanza della perseveranza, della resilienza e della capacità di adattarci al cambiamento. Sono, in definitiva, i nostri più grandi maestri di vita.
Del resto, come spiego nel mio libro “La cattiva abitudine di essere infelici”, la felicità non è una meta da raggiungere, bensì un percorso evolutivo da intraprendere. E questo cammino, inevitabilmente, è costellato di alti e bassi. Cercare la felicità solo nelle esperienze facili è come costruire castelli in aria: destinati a crollare alla prima tempesta.
Dietro ogni successo duraturo c’è un impegno costante, un senso di responsabilità e la consapevolezza che nulla arriva per caso. Chi si aspetta che tutto gli venga servito su di un piatto d’argento rischia di rimanere amaramente deluso. La vita, infatti, non è una gara a ostacoli dove si vince sempre, ma un viaggio fatto di luci e ombre, di trionfi e sconfitte, di traguardi e cadute. Ed è proprio nelle sfide che si ha la possibilità di dimostrare il proprio valore e di evolvere come persona.
Arrendersi di fronte alle difficoltà è la scelta più facile, certo, ma non sempre è la più saggia. Molte persone di successo hanno dimostrato che superando momenti di crisi, grazie alla determinazione e alla capacità di rialzarsi, si raggiungono traguardi inaspettati. Ricordiamoci che ogni sforzo, anche il più piccolo, è comunque un passo in avanti. E anche quando non si raggiunge l’obiettivo prefissato, si acquisiscono esperienze e competenze preziose, che rappresentano un vero e proprio investimento per il futuro.
“L’assenza di difficoltà produce solo cretini.”
(Andrea De Carlo, LeieLui)
Purtroppo, in una società sempre più colma di individui deresponsabilizzati, dove tutto sembra dovuto, la responsabilità individuale sembra essere un valore sempre meno diffuso. Si preferisce scaricare le proprie colpe sugli altri, lamentarsi delle circostanze, piuttosto che assumersi le proprie responsabilità e agire di conseguenza. Questa tendenza alla fragilità e all’incapacità di affrontare le conseguenze delle proprie azioni sta alimentando un diffuso analfabetismo funzionale, non solo a livello cognitivo, ma anche a livello emotivo e sociale.
C’è una diffusa incapacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e, di conseguenza, una grande difficoltà a comprendere le emozioni altrui. Tutto ciò sfocia in una mancanza di empatia ormai generalizzata.
E soprattutto tra i più giovani, si osservano evidenti difficoltà a comunicare efficacemente: sia in famiglia, sia a scuola, sia tra amici. Un aspetto che porta inevitabilmente a un’incapacità di risolvere i conflitti in modo costruttivo e a una scarsa capacità di adattamento di fronte alle difficoltà della vita.
È proprio quel “saper vivere” di cui parlo che sembra venire meno.
È urgente, dunque, promuovere un nuovo umanesimo, fondato sulla valorizzazione delle difficoltà, sulla responsabilità individuale e collettiva, e sulla capacità di affrontare le sfide con coraggio e determinazione. Un umanesimo che ci spinga ad uscire dalla nostra torre d’avorio per metterci al servizio della comunità, costruendo insieme un futuro migliore per noi stessi e per le generazioni a venire.
La facilità, sebbene possa offrire un comfort immediato, rischia di generare una società di individui passivi e incapaci di affrontare le inevitabili sfide della vita. Se tutto è troppo facile, perdiamo di vista il valore del risultato ottenuto con il nostro impegno e rischiamo di diventare eccessivamente dipendenti dagli altri, dalla tecnologia e dalle circostanze esterne.
La responsabilità di promuovere una cultura della difficoltà e del saper vivere è sia individuale che collettiva. Scuole, università, aziende e istituzioni hanno il dovere di creare ambienti stimolanti che invitino allo sforzo e alla crescita continua. Le cose facili, come ho già detto, ci regalano momenti di piacere. Ma sono le difficoltà, le sfide e le responsabilità che ci permettono di realizzare il nostro pieno potenziale.
Accogliamo, dunque, le difficoltà come opportunità di crescita, coltiviamo la responsabilità come valore fondamentale e costruiamo un futuro in cui l’essere umano, lungi dall’essere un essere fragile e passivo, sia un protagonista attivo della propria esistenza, capace di affrontare le avversità e di plasmare il proprio destino.
7 commenti
Vero … però, c’è un problema. Quando la maggioranza delle persone vive in superficie, chi fa qualcosa di valore non viene compreso e si trova, essendo ignorato, a non poter lavorare. Senza denaro e con continue delusioni e rifiuti gli è, giorno dopo giorno, sempre più difficile andare avanti. Inizia a domandarsi dove sbaglia e, da persona intelligente e creativa, capisce: deve realizzare qualcosa per il mercato, superficiale, inutile e soprattutto prodotto velocemente, perché le aziende vogliono spendere poco e guadagnare molto. Il mercato come il lavoro tritura le persone, sono poche le persone che possono permettersi di fare ciò che a loro piace e riuscire allo stesso tempo a vivere con quello. A questo punto sta a lui la scelta: svendersi oppure perseverare. Sappiamo che se perseverare è sbagliato lo è anche svendersi, tuttavia il mercato detta le regole e se vuole vivere deve adeguarsi o, se volete, trovare un compromesso. Questo significa solo una cosa: non essere più ciò che è e creare qualcosa che sia capito, acquistabile, riciclabile, green. Se capite l’ironia. Per questo motivo dico che c’è difficoltà e difficoltà e non si può fare sempre un discorso generale. In senso generale il discorso sta bene per la maggioranza delle persone ma noi siamo la maggioranza? Cosa vogliamo? Qualcosa che abbia valore oppure qualcosa che butteremo via un secondo dopo? Quante sono le informazioni che buttiamo nel passato, anche se di valore, solo perché ci sono scomode? Perché anche i più i grandi pensatori hanno avuto i loro dubbi ed errori, erano come noi esseri umani. La crescita interiore è una via in salita che scende dentro di noi e ci farà scoprire bellezze e orrori. Facciamo tesoro di entrambi, che dite?
Caro Paolo, la tua disamina approfondisce bene una questione che merita un ulteriore step. Nel mio articolo ho parlato di difficoltà. Ma c’è una situazione più sostanziosa che è il dramma. Immagina di perdere il lavoro (difficoltà). Questa situazione ti causerà sicuramente stress e preoccupazione, ma potrebbe anche spingerti a cercare nuove opportunità. D’altra parte, se perdessi il lavoro a causa di una malattia grave che ti impedisce di lavorare (dramma), l’impatto emotivo sarebbe molto più forte e le conseguenze sulla tua vita sarebbero più profonde.
In conclusione, mentre una difficoltà rappresenta un ostacolo da superare, un dramma è un evento che sconvolge profondamente la vita di una persona. Entrambe le situazioni possono essere difficili da affrontare, ma i drammi hanno un impatto emotivo e psicologico molto più intenso. Quindi è una distinzione importante che voglio evidenziare.
Per il resto, come ben saprai, io sono sempre per la via di mezzo, anche perché a meno che uno non viva da eremita, il massimo a cui può aspirare è vivere con un piede dentro e un piede fuori dai meccanismi della società. E il piede dentro richiede, appunto, non di adeguarsi, nemmeno di svendersi (per chi è cosciente e astuto), ma di trovare un compromesso utile alla persona stessa. L’essere umano, da sempre, o almeno quando si trova su questo pianeta, ha dovuto “lottare” con le condizioni esterne. Questo valeva per gli uomini raccoglitori e vale per ciò che siamo noi oggi. Ripeto però, il mio articolo ha una validità se parliamo di difficoltà, non di drammi personali.
Un abbraccio.
Questo ulteriore step chiarisce ciò che in senso generale non era, almeno per me, evidente. Ora è evidente cosa sia una difficoltà e condivido completamente il tuo pensiero. Anche io sono per la via di mezzo, tuttavia è anche opportuno capire che tenere i piedi su due percorsi tanto diversi non è sempre facile, un po’ perché potrebbero allontanarsi e un po’ perché è faticoso, ecco che l’attenzione e l’equilibrio sono basilari più di un qualsiasi compromesso e come tu racconti in altri tuoi post, conoscere se stessi e le proprie risorse è fondamentale.
Il fatto di essere qui a parlarne, vuol dire che di difficoltà ne abbiamo superate parecchie. Sottoforma di spermatozoo siamo riusciti a penetrare l’ovulo cosa non facile, vista la folla di concorrenti. Siamo riusciti ad aggrapparci al corpo luteo cosa non facile pure. non parliamo poi della nascita! che faticaccia passare nello stretto soffocante!! e il primo respiro? ci è sembrato forse una passeggiata?! La vita ce lo insegna fin da subito. Quindi…!!!
Certo Mari, sono sforzi anche quelli e infatti hanno prodotto un risultato: quello di esserci. Ora però bisogna sforzarsi di non vanificare tutto dinanzi alle altre difficoltà che si presentano. E cercare di esserci non solo fisicamente.
Grazie del commento, un abbraccio.
Grazie a te, caro ivan , per avermi ospitato. Quello che vorrei sottolineare è che la vita facile esiste solo nell’illusione!! Anche quello che si definisce “miracolo della vita” è in realtà frutto di sforzi precisi e finalizzati!! Poi ognuno, una volta al mondo,è libero di progredire… o di “gettare tutto alle ortiche” . Grazie ancora, un abbraccio.
Grazie a te, è un piacere leggerti!