Dal Mito Della Caverna Di Platone Ai Giorni Nostri

Tragicomico
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Il mito della caverna è una delle allegorie (o metafore) più famose raccontata da Platone all’inizio del libro settimo della sua opera filosofica intitolata “La Repubblica”. Un racconto profetico sulla condizione umana rispetto all’ignoranza che oscura la vera conoscenza della realtà. In questo articolo proverò a raccontarvi brevemente questa metafora a modo mio, cercando poi di attualizzarla fino ai giorni nostri.

Immaginatevi una caverna buia e profonda, dove all’interno vi sono centinaia di persone incatenate che fissano un enorme muro. A questa immagine aggiungetevi un fuoco. Non uno di quelli piccoli, che si vedono di solito nei falò delle sere estive, ma un fuoco gigantesco, enorme, situato alle spalle dei prigionieri. In mezzo, solo sagome, figure di oggetti, forme di vario genere che proiettano le loro ombre sul muro, le quali muovendosi al ritmo incalzante delle fiamme diventano lo spettacolo giornaliero a cui assistono i poveri incatenati. Nessun colore, nessuna consistenza, nessun odore vi è nella caverna, ma solo solitudine e ignoranza che nascondono all’uomo la bellezza del mondo lì fuori.

La storia però è destinata a cambiare. Poiché un prigioniero, stanco della sua condizione, un giorno riesce a liberarsi dalle catene e a scappare via, lontano dal fuoco, dal buio della caverna e dalle ombre opprimenti. Immaginiamo lo sgomento di quest’uomo che per la prima volta vede trasformarsi, sotto ai suoi occhi increduli, il buio in luce, le ombre in piante, le mura rocciose in morbide e tondeggianti colline sulle quali poter prendere il sole e fare lunghe passeggiate. Tutto ciò in cui aveva creduto per una vita intera, non era che in realtà un’illusione, frutto della sua condizione di ignoranza e di prigionia. Preso dalla foga, l’uomo si affrettò a divulgare la sua scoperta ai suoi compagni, affinché anche loro, come lui, potessero godere di questa nuova libertà.

Ma come alcuni di voi già sanno, il mito della caverna non è destinato ad avere un lieto fine. Anzi si rivelerà in altri termini profetico: una volta ritornato alla caverna, l’uomo non venne creduto, gli altri prigionieri infatti, dubbiosi, stanchi e indispettiti dalla sua insolenza, decisero di ucciderlo, affinché venisse ristabilita la pace e venisse ripristinata quella prigionia che, in fondo, veniva tacitamente accettata da tutti.

Nonostante siano passati dei milleni dal racconto di questo mito, non possiamo non renderci conto che esso è più attuale che mai. Platone volle lasciare alle generazioni postume il mito della caverna con il semplice scopo di aprire quelle menti chiuse, incatenate nella caverna oscura dell’ignoranza, piaga che dilaga ancora oggi nella nostra società.

«È che abbiamo perso la capacità critica per analizzare ciò che avviene nel mondo. Per cui è come se stessimo chiusi nella caverna di Platone. Abbiamo abbandonato la nostra responsabilità di pensare, di agire. Ci siamo tramutati in esseri inerti senza la capacità di indignazione, di anticonformismo e di protesta che ci ha caratterizzato per tanti anni.»
(José Saramago in “L’ultimo quaderno“)

Tutti noi, infatti, conduciamo un’eterna lotta con le nostre catene, le quali giorno dopo giorno diventano sempre più strette e ci costringono a porre l’attenzione non alle cose vere, ma alle ombre proiettate sul muro. Solo che il muro è diventato un display: Tv, smartphone, tablet e PC sono gli strumenti di oggi che annebbiano la vista e la mente. Un muro ampiamento condiviso, virtuale, onnipresente. Senza rendercene conto ci stiamo auto-privando di quel “fanciullino pascoliano” che ci consentirebbe di guardare il mondo con meraviglia e stupore, concentrandoci sulle piccole cose, briciole di bellezza che sono sparse lì fuori, per chiunque.

Per questo motivo, l’uomo della caverna (o l’uomo dei social) che riesce a eludere tutto questo, diventa un rivoluzionario dei nostri giorni, il quale, slegatosi dalle catene e dai caricabatterie, cerca di aiutare i suoi compagni a “vedere” quelle che sono le cose concrete della vita e sperimentare qualcosa di sconosciuto: le emozioni che sgorgano direttamente dal cuore. La vera protagonista della storia diventa così la conoscenza, senza la quale l’uomo sarebbe solo un burattino incapace di distinguere le ombre dalla realtà. Ombre governate dal fuoco dei media e dalla loro forza.

La conoscenza è quello strumento che ti permette di trasmutare e spostare la forza del fuoco. Se in precedenza il fuoco si trovava dietro di noi, ora è posto al nostro interno e ci guida nelle nostre scelte e nelle nostre decisioni. Se prima le catene non ci permettevano di guardare oltre il muro, ora possiamo, poiché abbiamo fatto esperienza reale della vita e abbiamo visto con i nostri occhi cosa il mondo ci riserva. A differenza dell’uomo della caverna noi sappiamo cosa c’è lì fuori, sappiamo che è tutto un inganno, ma continuiamo a tacere.

Lavorare, studiare, sacrificarsi solamente per poter ottenere un’ombra, un oggetto, una mercificazione della felicità, è uno spreco della vita. Un errore imperdonabile. Condurre una vita frenetica all’insegna del guadagno, ci farà sentire davvero soddisfatti quando saremo anziani e ripenseremo al nostro passato? Ottenere degli oggetti tanto belli quanto futili, ci farà sentire davvero accettati? Trascorrere ore intere a filmare la propria giornata, o imitare abitudini, guardaroba e stile alimentare altrui, sarà davvero la chiave del successo?

Queste domande che, sembrano per certi versi scontate, nascondono in realtà una grande verità, alla quale Platone era già arrivato parecchi secoli fa descrivendo il mito della caverna. Con poche parole, il filosofo greco riuscì a descrivere il filo sottile sul quale la società, quella ellenica all’epoca, e quella odierna, viene regolata, ossia l’incapacità di vedere con occhi propri quello che c’è di vero nella vita.

Come i prigionieri erano soddisfatti nel vedere continuamente le proiezioni delle ombre sul muro, così noi ci sentiamo realizzati per la superficialità che aleggia, in maniera persistente, nella nostra vita, tralasciando le forme reali e concentrandoci solo sulle sue rappresentazioni digitali. Il fuoco a lungo andare ci stordirà sempre di più, il buio ci renderà ancora più ciechi e le catene ci impediranno di trovare la felicità al di fuori della caverna, costringendoci ogni giorno di più a osservare l’effimero e non il reale.

«È così che da inseguitori di sogni e di aquiloni ci siamo lentamente trasformati in cacciatori di banalità e frivolezze. Confusi dal luccichio dei mille specchietti per le allodole che condiscono le nostre giornate, divorati dalla fretta e incapaci, perché mai abituati, di prendere coscienza di quel che si annida sotto la superficie, arraffiamo tutto quel che possiamo più in fretta che possiamo, prima che il dubbio salga in superficie e corroda le nostre fragili certezze.»
(Dal mio libroLa cattiva abitudine di essere infelici“)

Ecco l’importanza del mito della caverna, un mito capace di farci aprire gli occhi sul mondo e di farci percepire le sue vibrazioni. Per renderci conto di come le persone incatenate, costrette a vedere le ombre, possono solamente percepire un’illusione di verità. Non la verità.
Questa è la situazione attuale della stragrande maggioranza della gente che vive e pensa secondo le opinioni proiettate dagli altri sui vari dispositivi. Motivo per cui, oggi più di ieri, è di fondamentale importanza riscoprire l’amore per la conoscenza, quella conoscenza che stanno cercando di insabbiare e umiliare in tutti i modi possibili.

Soltanto la conoscenza ci renderà liberi dalle catene imposte per raggiungere la verità e comprendere il mondo. E soltanto allora il fanciullo che è in noi inizierà a guardare la vita con occhi diversi, più consapevoli, ma allo stesso tempo sarà capace di stupirsi e di sorprendersi: una stella luminosa che brilla tra le luci dei lampioni di città diventerà il più bello dei diamanti, il sorriso di un bambino ci sembrerà un dono inaspettato e la cioccolata calda in un freddo pomeriggio invernale sarà in grado di farci rintanare nel nostro spazio personale, lontano da tutto e da tutti. In questo modo, in maniera del tutto naturale, l’uomo che è riuscito ad uscire dalla caverna, sarà in grado di concedersi il più prezioso tra i lussi: quello della felicità.

Tragicomico

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17 commenti

Monia 3 Marzo 2020 - 23:54

Grazie ancora dei meravigliosi articoli

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Tragicomico 4 Marzo 2020 - 9:39

Grazie Monia!

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Rosaria Mazzetti 4 Marzo 2020 - 8:00

Ma quanto ci vuole a rendere l’uomo più Consapevole annebbiati dal Potere vaghiamo illudendoci di essere il Meglio Help

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Tragicomico 4 Marzo 2020 - 10:15

Buongiorno Rosaria, purtroppo la consapevolezza non cade dal cielo, è sempre frutto di un lavoro nella direzione della conoscenza, soprattutto una conoscenza sperimentata che diventa sapere personale. Ecco perché diventa fondamentale uscire dalla caverna, per sperimentare quella conoscenza che altrimenti resterebbe lì, velata, tra la fitta nebbia dell’ignoranza. Colgo l’occasione per consigliarti il mio libro “Schiavi del Tempo”, un barlume di consapevolezza su di un argomento che ci riguarda tutti: il tempo!

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Luisa nadile 6 Marzo 2020 - 23:41

Lectio magistralis ♥️

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Tragicomico 9 Marzo 2020 - 9:10

Grazie Luisa, sono onorato!

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Salvatore Spina 4 Aprile 2020 - 14:46

Un bello articolo che serve ad illuminare le menti di chi lo legge e lo aiuta a comprendere che solo la conoscenza diretta e non mediata, conoscenza che si acquisisce con lo studio e l’esame critico dell’id quod plerumque accidit, ti fa conoscere la verità vera.

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Tragicomico 5 Aprile 2020 - 12:53

Grazie Salvatore, per questa tua interpretazione. Spero di averti ancora come lettore. A presto!

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Xenia 14 Aprile 2020 - 16:03

Grazie a voi! Molto interessante vostro sito.. La sincronicita’ dell’Universo mi ha portato qua. Che meraviglia.

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Tragicomico 16 Aprile 2020 - 18:40

Gentilissima! Nulla accade per caso.

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leonardo 4 Ottobre 2020 - 0:19

Complimenti, condivido quanto scritto. Il “puzzle” della mia conoscenza si arricchisce Di un’altra tessera.

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Tragicomico 4 Ottobre 2020 - 22:53

Grazie a te Leonardo, felice della tua condivisione!

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maria grazia melia 17 Aprile 2020 - 14:07

Questa metafora mi fa pensare a Cristo e al Vangelo

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Tragicomico 8 Novembre 2020 - 18:31

Mi accontento del “pensare” 😉 grazie!

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Mimmo Marchesano 15 Novembre 2020 - 0:32

Ero a conoscenza della caverna di Platone (veramente di Socrate); a tal riguardo consiglio a tutti,di leggere “LA CAVERNA” di Josè Saramago,un grande, grandissimo libro. Complimenti per il blog.

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Tragicomico 23 Novembre 2020 - 14:25

Grazie Mimmo per i complimenti, onorato di averti come lettore. Hai ragione nella tua puntualizzazione, diciamo che sono parole di Platone (per bocca di Socrate). “La caverna” mi è piaciuto tantissimo come libro, insieme a “Cecità” sono gli unici due che ho letto di Saramago e vorrei davvero riprenderlo come autore, perché merita tantissimo. A presto!

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Antonia Mirta Covolan 2 Dicembre 2020 - 14:52

Nella situazione in cui ci troviamo piuttosto impotenti possiamo forse solo meditare seriamente. Un inizio.

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