La Guerra Come Strumento Di Potere Per Diffondere Paura E Conseguire Obbedienza

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La guerra non è soltanto uno strumento di offesa o di pace, come di solito la si definisce, ma è soprattutto uno strumento per la trasmissione della paura, come fosse un virus. Si tratta dello strumento più antico a disposizione del potere per diffondere paura e conseguire obbedienza anche – e soprattutto – fra i propri confini territoriali. Sappiamo tutti quanto la sola parola “guerra” susciti timori ancestrali. Ed è proprio su questi timori che fa leva il potere, con il medesimo modus operandi di sempre. Dapprima si alimenta un sentimento di insicurezza e poi si offre al popolo l’obiettivo della paura: nemici interni o esterni che minano la tenuta e la sicurezza della nazione. Un copione già descritto dallo scrittore inglese Aldous Huxley nel suo libro “La scimmia e l’essenza” dove scrive: «Il potere si regge su tre pilastri: paura, nemico, nazione».

Una guerra non è mai una circostanza accidentale, ma è una pratica precisa, meticolosa, che diventa un’opportunità per il potere. La guerra, con la paura che si porta appresso, diventa uno strumento indispensabile e immediato affinché possa diffondersi la necessità opposta a quella che viene a crearsi. Lì dove si manifesta la paura dell’insicurezza insorge il corrispettivo bisogno di sicurezza, così come la paura del disordine porta con sé la necessità di ordine e controllo; e la paura della diversità (l’altro da noi, quello che pensa e che agisce diversamente) chiede con forza uniformità. Quindi, oltre ad essere uno strumento per incutere paura, svolge anche quello di avallare una richiesta di “ordine pubblico” altrimenti non realizzabile.

«La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini.»
(Leonardo Sciascia, “Il cavaliere e la morte”)

Lo “stato di guerra” diventa in molti casi essenziale, ciclico, ovvero di tanto in tanto va rispolverato affinché non perda il suo potere ancestrale, ovvero quello di trasformare esseri umani dotati di sensibilità, empatia, autonomia, intelligenza critica in presenze anonime, marionette suggestionabili e soldatini acquiescenti. L’obbedienza, in stato di guerra, diventa l’aspetto caratteristico del cittadino fedele alla patria («Un uomo che si rispetti non ha patria. Una patria è una colla.» E. Cioran, “Squartamento”), per rispettare le consegne senza discutere, per essere sempre in riga senza obiettare e considerare legittimi soprusi e vessazioni in nome di una bandiera senza vita. L’eminente psicoanalista tedesco Erich Fromm definisce questo stato psichico come un tratto “masochista” del cittadino nei confronti del sistema autoritario che lo opprime, in uno stato di subordinazione e alienazione che gli impedisce di opporsi a tutto quello che la coscienza gli indica come intollerabile.

In uno stato di guerra assistiamo a quello che i latini esprimevano con “do ut des”do [a te] perché tu dia [a me], tra l’autorità, figura feroce e dispensatrice di piacere (sadismo), e la collettività sottomessa (masochismo). Senza questa paura calata dall’alto, verrebbe difficile piegare la moltitudine delle personalità, talvolta anche strabordanti, presenti in un popolo. Ma la paura, appunto, trasforma un popolo in massa e rende possibile un comportamento collettivo al pari di una epidemia psichica, dove individui di diversa natura si uniscono in un unico gregge governato dal solo istinto a discapito dell’intelletto, imitando il comportamento altrui sulla suggestione rafforzata dal numero.

Una sudditanza muta, la stessa che ha favorito l’insorgere del fascismo, del nazismo e del comunismo in tutta la loro brutalità, condizioni inaccettabili per un essere “normale” e centrato su se stesso, consapevole che la libertà non consiste nel passare da un padrone all’altro, ma nel non averne affatto. E oggi? Chiede a gran voce qualcuno. Oggi in una guerra tutti i governi vogliono buttarsi a capofitto. Perché oltre ad essere uno strumento di paura, la guerra è diventata un affare. Più che da un punto di vista politico è un affare da un punto di vista economico.

Lo sanno tutti, nessuna azienda al mondo produrrebbe un prodotto per poi tenerlo invenduto. È un concetto universale frutto della logica del mercato. Vale per chi produce latticini quanto per chi produce armamenti. Una produzione viene realizzata in funzione del suo consumo. Nel nostro mondo quindi, nel nostro mondo progredito la guerra non è mai un delitto, ma diventa una necessità. Una necessità che non conosce alcuna discriminazione di colore politico. La guerra è di destra, di sinistra, di centro. La guerra è solo la causa per ottenere il fine, ovvero la devastazione. E la devastazione creerà opportunità per la macchina del business, pronta a cogliere l’occasione per oliare ulteriormente i meccanismi del profitto.

E sul carro (armato) ci siamo tutto quanti, anche se la guerra sembra lontana, anche se le bombe non piovono in casa nostra. In verità combattiamo anche noi, direttamente, finanziando con le nostre tasse la produzione di armamenti e le campagne militari; e anche – e soprattutto – indirettamente, attraverso i nostri consumi sempre più sfrenati, il nostro stile di vita sempre più bastato sull’inessenziale, la nostra pigrizia esistenziale, il nostro pensiero acritico e il nostro atteggiamento acquiescente verso la propaganda bellica. “Finché c’è guerra c’è speranza” recita il titolo di un film di Alberto Sordi, la speranza che possa ancora esistere un mondo di finto benessere.

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10 commenti

Fabrizio Mauro 13 Marzo 2022 - 22:14

Come fa un uomo ad esercitare il potere su un altro uomo? Facendolo soffrire. Non è sufficiente che obbedisca, se non soffre, come facciamo a essere certi che non obbedisca alla nostra volontà ma alla sua. Nel romanzo 1984 George Orwell ritrae una società negativa, un futuro senza speranza, non si ha la possibilità di poter vivere in una vita migliore, il presente è in mano al partito e altrettanto lo sarà il futuro. La guerra è una campagna di terrore capitanata da un’elite di psicopatici, con la complicità capi di stato e politici che creano un teatrino ad hoc per avere come dici tu Ivan, sudditanza. Pillola rossa o pillola blu? dipende cosa vogliono vedere le persone.

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Tragicomico 14 Marzo 2022 - 9:45

Che capolavoro visionario che è “1984”, un romanzo distopico dal sapore di verità. Concordo, quello che esprimi lo spiega molto bene Fromm nel suo libro “Fuga dalla Libertà” nel quale spiega cosa spinge l’uomo moderno a fuggire dalla propria libertà (libertà che diventa responsabilità, un peso) per rifugiarsi nella sicurezza di un padrone che gli dica cosa fare e come pensare.

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spiridula evangelu 15 Marzo 2022 - 19:34

grazie delle sue pubblicazioni che condivido direi totalmente. ma sono molto pessimista. malgrado tanti “saggi” ne hanno sempre parlato, hanno scritto e “profetizzato”, credo che l’ essere umano da che mondo è mondo non è stato creato per la pace.
parlare non è come agire è comunque schierarsi ed è inevitabile (quasi sempre). anche se ti sembra di non stare dalla parte di nessuno, sempre dalla tua stai.
scrivere su un quaderno (a meno che non si scrive con inchiostro simpatico) aiuta a credere che le parole/pensieri resteranno imprese per tanto, molto tempo. esternarsi qui (fb) sa di futile temporaneita giusto giusto la frazione di un nanosecondo. è come scrisse uno: è come diventare ricco nel gioco di monopoli.
a volte le azioni-sempre conseguenti al pensiero e alla volontà, persino inconsapevole-risuonano per moltissimo tempo. ma non servono a insegnare. servono a “creare” un mondo che soltanto noi vediamo. nessun altro perché ciascuno ha il proprio (mondo). tant è vero che nessuno ascolta gli altri, spesso nemmeno se stesso. credo che questa sia la causa delle guerre di ogni tipo. il potere economico, nazionale o personale, pur sembrando un determinatore comune è soltanto un ghiotto contorno e basta.
per logica nulla serve analizzare, giudicare, parlare, schierarsi se non il cercare disperatamente di dimostrare a noi stessi che esistiamo.

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Tragicomico 16 Marzo 2022 - 17:26

Grazie per questo suo intervento e trovo fondamentale il punto da lei sottolineato, ovvero la mancanza d’ascolto. Il mondo va a rotoli proprio perché abbiamo messo da parte quell’arte preziosa che è l’ascolto, in primis di se stessi e poi dell’ambiente che ci circonda. Non ascoltiamo il nostro corpo, quello che cerca di comunicarci con segnali inequivocabili, non ascoltiamo la nostra antica voce interiore, non ascoltiamo la natura, siamo diventati sordi dinanzi alle sue urla di dolore. E non ascoltiamo nemmeno l’altro, il prossimo. Ci siamo confinati nel nostro piccolo, misero mondo illusorio, convinti di poterlo fare durare in eterno. E se qualcuno ce lo tocca, eccoci pronti ad alzare muri e dare battaglia pur di tornare alla “normalità”, una normalità che non ci sarà più.

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spiridula evangelu 18 Marzo 2022 - 20:03

purtroppo è cosi. e sa una cosa? più invecchio più mi sento tagliata fuori. le auguro bene

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Tragicomico 19 Marzo 2022 - 22:48

Le auguro altrettanto, nessuno è tagliato fuori, siamo solo delle minoranze, ma non siamo invisibili.

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Irene 20 Marzo 2022 - 16:02

Ciao! Ho scoperto poco fa il tuo blog e mi piacciono un sacco i argomenti che tratti, complimenti!
Riguardo a questo post, sono proprio d’accordo con te, il potere utilizza la guerra per introdurre la paura nelle nostre vite e poi averci sottomessi alle sue ordini mentre noi pensiamo “aiuto, abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi” quando il vero problema è che sono proprio loro chi hanno creato questo bisogno irreale.
Anche sulla TV tutto si basa sui guai, la violenza ed i reati allo scopo di farci credere che la società funziona così, che tutti sono cattivi e mettere paura ai cittadini. Inoltre, vogliono che sentiamo una energia cattiva dentro di noi per essere più arrendevoli, malleabili ed a mio parere purtroppo lo raggiungono.
Scusate gli errori, non sono italiana ma una spagnola che impara questa bella lingua.

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Tragicomico 21 Marzo 2022 - 22:41

Ciao Irene, complimenti per come parli – in questo caso scrivi – la nostra lingua, questo denota una grande intelligenza e lo si percepisce anche dalla riflessione che hai posto, impeccabile. E’ proprio questo lo scopo, instaurare nel cittadino il bisogno di un padrone che possa proteggerlo, e spesso una guerra è il segnale che ci sono più padroni che vogliono contendersi lo stesse gregge.

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paolo 27 Marzo 2023 - 14:13

Microcosmo e Macrocosmo sono uguali, ripetono gli stessi schemi, in quanto l’origine della scelta è la medesima in entrambi i contesti. Così come ogni persona guarda al suo piccolo, il politico guarda al suo piccolo. Così come si giudica il vicino, il governo giudica su statistiche non rilevanti e certamente non reali. Così come non interessa ciò che accade al vicino di turno, di certo non interessa alla politica cosa accade alla collettività. Così come è sacrificabile una parte che non ci tocca, è sacrificabile per il potere una parte della popolazione. Eppure, il totale è tale perché è composto da ogni singolo, tutti sono importanti e definire una parte sacrificabile, significa credere che ha minor valore. Per evitare il giudizio di questa scelta, per evitare di sapere che sia sbagliata e nasconda invece il disprezzo, la si innalza sull’altare del sacrificio come cosa positiva e sacra. Un falso idolo che nasconde ben altre intenzioni. La guerra o meglio la paura è una delle tante opzioni a disposizione ma che attecchiscono solo se trovano un gancio dentro di noi.

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Tragicomico 28 Marzo 2023 - 13:03

Oltre al fatto che, da un punto di vista economico, una guerra diventa necessaria. Un microcosmo che finanza una guerra gestita dal macrocosmo. È questa la consapevolezza che manca, spesso la “colpa” di una guerra viene attribuita al potente di turno, quando quest’ultimo è soltanto specchio e somiglianza di una bella fetta della popolazione inerte e inattiva verso la riflessione e la consapevolezza delle forze in atto.

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