La Fattoria Degli Animali – George Orwell (Recensione)

Tragicomico
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la_fattoria_degli_animali_orwell_recensioneLa fattoria degli animali” è un vero e proprio preludio a quel capolavoro che sarà “1984”, un apripista che s’intinge dell’ormai classica e acuta satira orwelliana verso un tipo di totalitarismo che ha avuto in Stalin la sua esemplificazione più clamorosa. Edito nel 1945, “La Fattoria Degli Animali” è una metafora della società che, ad anni di distanza, non è mai cambiata, se non nella forma. “Animal farm”, il suo titolo originale, un’opera che nel suo piccolo può essere equiparata alle favole di Esopo e Fedro, dove i protagonisti sono gli animali e come in queste favole, ogni evento, ogni personaggio è simbolo di una realtà tangibile.

George Orwell ci descrive la società come una gabbia (una fattoria) dove l’uomo-animale nasce, cresce, si evolve e a un certo punto si omologa con tutto ciò che è il Sistema. La grandezza di Orwell sta nel riuscire a raccontare il tutto senza parole o concetti pesanti, ma come una favola pungente. Una favola i cui protagonisti sono gli animali e ogni evento, ogni personaggio, è simbolo di una realtà acclarata.

Come già anticipato, i protagonisti sono presentati come animali, scelti non a caso per le loro peculiarità che riprendono quelle umane. Il gruppo leader è rappresentato dai maiali capeggiati da Napoleone (Stalin) e protetti da cani che rappresentano la polizia politica e lo squadrismo. Con i cavalli gran lavoratori e le pecore, ossia le masse manipolabili, al seguito.
Il libro è il racconto di come gli animali di una fattoria governata dal fattore Jones si ribellino e, dopo aver cacciato e messo in fuga il proprietario, tentino di creare un nuovo ordine fondato su un concetto utopistico di uguaglianza. La Fattoria degli Animali per l’appunto.

Ma ben presto emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con la loro astuzia, la loro cupidigia e il loro egoismo s’impongono in modo prepotente e tirannico sugli altri animali più docili e semplici d’animo. Una delle frasi più significative è quella che capeggia verso la fine all’interno della fattoria: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri“.

Alla fine di quest’opera, a libro chiuso, è difficile non provare un forte senso di sgomento per la modernità del messaggio che traspare da questa favola. Ma la grandezza di Orwell è soprattutto questa, la sua capacità visionaria di vedere oltre. Infatti, anche se è lo stalinismo ad essere sotto accusa, vengono rappresentate dall’autore le “linee guida” delle dittature odierne, spesso mascherate da una finta democrazia, ma che sfruttano il populismo e un’oratoria suadente per ricevere dal popolo stesso (spesso ignorante e servile) tutto quel potere che sarà accentrato nelle mani di un’unica persona o di un ristretto gruppo di persone. Orwell è stato un intellettuale che decise di non restare impassibile ma di gridar a gran voce, attraverso i suoi testi, affinché potesse essere sentito, affinché anche i ciechi potessero “vedere” quello che stava succedendo, e quello che sarebbe successo da lì a poco!

Il potere tirannico, l’ignoranza, l’illusione della religione, l’impotenza quasi volontaria delle masse, l’utilizzo crudele delle esecuzioni e delle forze d’ordine, la trasfigurazione delle leggi, le menzogne, sono una serie di precetti che il lettore si ritrova ad assorbire in maniera mai scontata. Nelle ultime righe del libro, Orwell raggiunge l’apice, smascherando la metafora stessa, descrivendo maiali che si “umanizzano”, ovvero il simbolo grottesco di un potere che da sempre si sveste di qualsiasi dignità.

Gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo, poi l’uomo e ancora il maiale:
ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro.
G. Orwell (Tratto da “La Fattoria Degli Animali“)

Voto: 8,5
Note: Pungente, Satirico, Realista

Tragicomico

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