La differenza fra sapere e conoscere è tutta in un altro verbo: sperimentare. Solo attraverso la sperimentazione si può oltrepassare quel limite teorico che appartiene alla conoscenza, che è qualcosa di oggettivo, alla portata di tutti, ed arrivare così a qualcosa di personale, di proprio, di tangibile: il sapere.
Il sapere è soggettivo, è verificato, è verità. Il perché è facile da intuire, in quanto la sperimentazione viene svolta sempre e solo in prima persona, ed ha effetti molto profondi sul sistema psicofisico dell’individuo. Non a caso, infatti, quando si vivono determinate esperienze e quindi si sperimenta, si esce trasformati, diversi, con un approccio diverso nei confronti della Vita e le sue dinamiche. E questo vale per tutti i “settori” dell’esistenza umana: dalla scienza ai sentimenti, dalla spiritualità alla natura.
La conoscenza è a disposizione di tutti, la si può apprendere e studiare sui libri, la si può apprendere dai maestri e dai guru, in chiesa, a scuola, in famiglia, ovunque. Ma la conoscenza senza sperimentazione non può essere verità.
Qualcuno potrà dirvi che avete un’anima, ma come fate a saperlo? Per SAPERE che avete un’anima, dovete sperimentarla, ossia dovete diventare voi stessi anima, cosa non da tutti a quanto pare. Lo stesso vale, ad esempio, per la famosa “Legge di Attrazione”: molti conoscono come funziona ma pochi sanno come metterla in pratica. Conoscere tante informazioni può non essere utile se poi non si “sanno” legare le une alle altre e da quelle conosciute non si “sanno” dedurne delle nuove. Conoscere, quindi, è un concetto statico. Mentre il sapere è dinamico, più consapevole.
Il conoscere, a differenza del sapere, sortisce degli effetti che, il più delle volte, restano a livello superficiale in quanto, come ho già detto, si tratta di EVENTI NON VISSUTI IN PRIMA PERSONA ma conosciuti attraverso le parole o gli scritti di chi, invece, ha avuto modo di sperimentarli in prima persona. Capita spess,o però, che molte persone abbiano molta più sete di “conoscere” anziché di “sapere”, e questa estenuante sete di conoscenza le porta a seguire sempre più corsi, conferenze, leggere migliaia di libri, cambiare tanti guru quanti sono i loro calzini ma senza venire a capo di nulla!
Questo non significa che attraverso la conoscenza non s’impara nulla, anzi, la conoscenza è il trampolino di lancio, ma poi deve esserci la spinta della “sperimentazione” se si vuole arrivare in alto, se si vuole realmente sapere cosa è possibile vedere una volta che si è in volo. Pertanto, se si è disposti ad imparare tanto ma non si applica nulla di tutto ciò nella quotidianità, allora di conseguenza è come se non si fosse seguito nessun corso, guru o letto alcun libro. Si resta ad un livello di “teorici conoscitori”, senza più riuscire ad avanzare nel proprio percorso evolutivo.
Solo il sapere, frutto di un’attenta sperimentazione, ci permette di EVOLVERE IN MANIERA DEFINITIVA E CONCRETA, mentre tutte le altre nozioni teoriche rischiano di rimanere solo un mucchio di belle parole con le quali incantare un pubblico di uditori. Ma perché è così difficile e increscioso sperimentare?
Sperimentare richiede amore e volontà, prima di tutto verso noi stessi, poi verso ciò che ci circonda. Solo chi prova amore, infatti, è in grado di trasformare le sue conoscenze in applicazioni pratiche e, quindi, sperimentarne gli effetti, trasmutandoli in SAPERE.
Dire “io so”, equivale a dire “ho sperimentato in prima persona”, quindi si ha la certezza di qualcosa vissuto in prima persona. Una verità nostra, personale, che è assolutamente vera per noi e che potrebbe anche non essere vera per qualcun altro. Ma il centro di gravità permanente siamo noi, ed è attorno ad esso che dobbiamo ruotare.
A differenza di molte persone che invece si comportano proprio come dei satelliti. Ruotano attorno ai centri di gravità di altre persone, che le sfruttano la loro debolezza, abbindolandoli attraverso quella che spacciano come “conoscenza” a buon mercato.
Chi si limita a conoscere, in genere, lo fa perché ha paura di andare oltre le proprie conoscenze, probabilmente perché non è sicuro che possano sortire gli effetti desiderati e subentra la paura del fallimento. Il conoscitore teorico evita di sperimentare, evita di “scoprire” che determinate conoscenze potrebbero NON essere vere, quindi fasulle, ed evita così di rimettersi alla ricerca di qualcosa di “nuovo”.
Il piatto pronto della conoscenza viene servito a scuola, in famiglia, in chiesa, sui social, ed è comodo per tutti, perché è già lì, non devi far altro che mangiarlo.
Il sapere, invece, è un piatto che ti prepari da solo, in solitudine, in meditazione, con ingredienti selezionati da te stesso, in base a ciò di cui hai bisogno. Questa è la differenza fra sapere e conoscere, la differenza fra ciò che è tuo e ciò che invece è uguale per tutti.
A te la scelta!
“Conoscere e non agire equivale a non sapere.”
(Yukio Mishima – “Cavalli in fuga“)
4 commenti
Interesante in realtà, complimenti per l’articolo.
Grazie per averlo letto con attenzione e spero di averti ancora come lettore. A presto!
Come sempre interessante Ivan . Senza dubbio io cerco il sapere , non mi spaventa scoprire ciò che non so , mi affascina tanto e penso sia sempre di più di quello che sappiamo . E’ un viaggio infinito e come dici giustamente dobbiamo compierlo da soli , nel senso che se non vogliamo partire nessuno può farlo al nostro posto .
Ciao Luca, sì è un viaggio tanto affascinante ma che dobbiamo svolgere con le nostre gambe, di tanto in tanto troveremo degli ottimi compagni di viaggio, ma ci saranno anche forti momenti di solitudine, di introspezione e riflessione. Un abbraccio!