Il Coraggio Di Dire Quello Che Si Pensa In Un Mondo Di Maschere

Tragicomico
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maschere-dire-quello-che-si-pensaViviamo in un mondo di maschere nel quale è difficile dire quello che si pensa, c’è bisogno di tanto coraggio e spesso si viene etichettati come persone non-comuni, non conformi, fuori dalle regole. Quello che dovrebbe essere un vantaggio, un pregio, ossia l’essere verità, dire la propria verità, in realtà diventa una “scomodità” per il sistema, per chi ci circonda e per chi ogni giorno è abituato ad indossare una maschera diversa. Un mondo che abbiamo costruito noi stessi, fatto di apparenza, di inganni e di rapporti umani di circostanza; dove dire quello che si pensa è spesso considerato poco opportuno, soprattutto se non coincide con quello che pensa il nostro interlocutore.

In pratica preferiamo indossare una maschera, per adattarci a persone, eventi e luoghi. Queste maschere sono frutto delle paure ereditate geneticamente da chi ci ha preceduto in questa società globalizzata, nella quale esiste la paura tangibile di risultare inadeguati se si è sinceri, paura di essere derisi, di rimanere soli, emarginati.

Ecco perché ci vuole coraggio per dire quello che si pensa. Perché bisogna abbattere questa paura ancestrale, la paura di restare soli, la paura di non essere capiti, la paura del giudizio o di ritorsioni nei propri confronti. Ad esempio, conosco persone che pur essendo esemplari nel loro modo di vivere leale ed onesto, sono costrette a non poter esprimere quello che pensano, per il semplice motivo che se lo dovessero fare, i datori di lavoro gli direbbero “quella è la porta!”. E con la crisi in atto e l’aumento della disoccupazione, la paura vince sul coraggio di essere se stessi. Per “convenienza” anche queste persone che spiccano per doti umane, si sentono costrette a non potersi esprimere a proprio piacimento. Scelgono di recitare un “ruolo”, quello del dipendente burattino, e il prezzo da pagare è sempre quella maledetta maschera da indossare.

essere-falsi-bugiardiIl rischio nel NON dire quello che si pensa è quello di smettere di essere se stessi e di cadere in balia delle diverse personalità che affollano la nostra mente. Smettendo di essere “veri” si smetterà di Essere se stessi: è una legge! Questo non vuol dire che il nostro Sé scomparirà da un giorno all’altro, ma giacerà addormentato nel profondo abisso della nostra essenza, sotto un immenso strato di pensieri compulsivi e personalità multiple sparate a raffica a seconda dei contesti nei quali viviamo. Nascono così gli atteggiamenti di “facciata”, le frasi di circostanza, l’essere carini con tutti, gentili, sempre disponibili, mai una parola fuori posto. Insomma, dei perfetti fantocci!

“Solo le qualità che sorgono dalla nostra attività spontanea danno forza all’io e formano per tanto la base della sua integrità. L’incapacità di agire spontaneamente, di esprimere quel che veramente si sente e si pensa, e la conseguente necessità di presentare uno pseudo io agli altri e a se stessi, sono la radice del sentimento di inferiorità e di debolezza.
Che ne siamo o no coscienti, non c’è nulla di cui ci vergogniamo di più del fatto di non essere noi stessi,
e non c’è nulla che ci dia più orgoglio o felicità di pensare, sentire e dire quel che è nostro.
Ciò implica che quello che importa è l’attività in quanto tale, il processo e non il risultato.”

(Erich Fromm – “Fuga dalla libertà“)

Ma c’è di più, perché chi mente, compie uno spreco energetico non indifferente. L’indossare una maschera per ogni occasione così come il mentire comportano, infatti, uno sforzo. Questo sforzo si traduce in un dispendio energetico inutile, perché lo scopo non è reale, bensì fittizio. Si indossa la maschera per fingere di essere reali, veri, genuini, quando in realtà la verità consiste nel coraggio di essere come siamo e nel dire ciò che pensiamo, senza maschere.

ll non mentire, l’essere se stessi sempre e comunque, insieme al coraggio di dire quello che pensiamo, comportano un minor dispendio energetico e consentono, al contempo, di non renderci schiavi delle aspettative altrui. Smetteranno così di esistere la paure, non avremo il timore di non piacere o di non essere all’altezza, perché saremo ciò che siamo e diremo ciò che pensiamo, senza alcuna paura. Dobbiamo smetterla di indossare maschere per piacere sempre agli altri, per essere alla moda, per non essere tagliati fuori dal gruppo. Non dobbiamo aver paura di venire allontanati da chi, non ancora soddisfatto del suo sonno, desidera continuare a dormire.

Ricordatevi che dire quello che si pensa fa parte della natura umana. Pensate ad esempio ai bambini ed alla loro capacità di dire quello che pensano. A volte possono sembrare politicamente scorretti, fuori luogo, fin troppo sinceri, ma non c’è una “bella” menzogna che sia preferibile alla seppur cruda verità. Quindi non auto-priviamoci della libertà di poter dire liberamente ciò che pensiamo, lo stesso Freud diceva che scherzando si può dire tutto, anche la verità!

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2 commenti

emilius 28 Novembre 2019 - 13:21

Viviamo come un insieme di individui sottomessi alla ideologia dominante la quale, essendo imbevuta del pensiero di matrice religiosa, ci costringe ad entrare costantemente in conflitto con noi stessi, con la nostra intima essenza, con la nostra natura autentica, con la nostra biologia. Il pensiero religioso impone all’essere umano un insieme norme etiche innaturali e di precetti, per lo più dedotti arbitrariamente dalle fonti originarie le quali comunque risalgono ad un’epoca remota, i quali precetti causano grandi difficoltà nella esplicazione della nostra personalità e innumerevoli nevrosi.

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Tragicomico 28 Novembre 2019 - 15:43

Concordo, c’è un forte conflitto interiore tra ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e ciò che non possiamo essere. Quando si arriva a prendere consapevolezza di questa situazione, c’è solo una soluzione da prendere. Una soluzione su tre. Continuare ad essere come si è, oppure, diventare sognatori coraggiosi, o tornare a chiudere se stessi e i propri sogni nel cassetto. La scelta è del tutto personale. Di questa consapevolezza ne parlo nel mio libro “La cattiva abitudine di essere infelici“.

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