L’evoluzione umana è stata plasmata da milioni di anni di cambiamenti climatici che hanno modellato il corso della nostra evoluzione. Dalle glaciazioni alle ere calde, i nostri antenati si sono trovati ad affrontare condizioni ambientali in perenne trasformazione, dovendo adattare il loro stile di vita per sopravvivere e prosperare.
Studiare come le popolazioni umane del passato hanno affrontato i mutamenti climatici può fornirci spunti preziosi per affrontare le sfide poste dal riscaldamento globale odierno.
Infatti, il cambiamento climatico non ha rappresentato solo una minaccia, ma ha anche favorito nuove opportunità evolutive, ha avuto un ruolo determinante nel plasmare la nostra specie, contribuendo a forgiare la nostra capacità di adattamento e resilienza.
“Noi siamo esperimenti dell’evoluzione, figli della nostra grande madre a cui dobbiamo riverenza, riconoscenza e gratitudine.”
(Francesco Alberoni in “Valori“)
La storia dell’umanità è ricca di esempi di come le popolazioni si siano adattate ai mutamenti climatici. Per esempio durante l’ultima era glaciale gli insediamenti si spostarono verso regioni con climi più temperati, vennero sviluppati nuovi strumenti e tecnologie per la caccia e la raccolta del cibo, e furono adottati indumenti più pesanti per proteggersi dal freddo. Fin dai primi stadi dell’evoluzione umana, la capacità di adattarsi alle fluttuazioni climatiche è stata fondamentale per la sopravvivenza. I nostri antenati, cacciatori-raccoglitori nomadi, migravano da una regione all’altra seguendo le mandrie di animali e le stagioni, sviluppando una profonda conoscenza del loro ambiente e sfruttandone le risorse in modo sostenibile.
Dopo l’ultima era glaciale, invece, con l’aumento graduale delle temperature le popolazioni umane svilupparono l’agricoltura, consentendo loro di stabilirsi in aree fisse e di produrre un surplus di cibo. Implementarono inoltre sistemi di irrigazione per contrastare la siccità e costruirono case e insediamenti per proteggersi da inondazioni e tempeste. L’avvento dell’agricoltura e l’insediamento in villaggi permanenti comportarono nuove sfide climatiche per le comunità umane. L’irrigazione, la coltivazione di diverse varietà di colture e la domesticazione di animali furono solo alcune delle risposte sviluppate per garantire la sicurezza alimentare di fronte a periodi di siccità o inondazioni.
Ovviamente il processo evolutivo non è stato sempre rose e fiori, le difficoltà ci sono state e anche imponenti. Se è vero che gli esseri umani hanno dimostrato una notevole capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici, è anche vero che non sempre sono stati immuni ai loro effetti. Eventi climatici estremi come siccità, inondazioni e uragani hanno devastato raccolti, interrotto i mezzi di sussistenza, causato carestie e il diffondersi di malattie. Numerose evidenze storiche dimostrano come questi eventi abbiano avuto un impatto significativo sul destino di diverse civiltà.
Come testimoniano gli storici, una grave siccità tra il 2200 e il 1900 a.C., nella Mesopotamia settentrionale, cuore dell’impero accadico, scatenò una migrazione di massa verso altre regioni, contribuendo alla caduta di questo potente impero. Ancora una volta una grave siccità, nel VI secolo d.C., contribuì al collasso dell’impero Maya.
L’ondata di freddo del 1347-1348 in Europa portò grande sofferenza e morte, in concomitanza con la Peste Nera, causando la morte tra il 30% e il 60% della popolazione europea. Un altro esempio emblematico è la Grande Carestia Irlandese, che si verificò tra il 1845 e il 1852. Una malattia fungina, la peronospora della patata, devastò i raccolti di patate in Irlanda, causando una carestia di proporzioni immense. Questo evento, aggravato dalle politiche britanniche di laissez-faire e dal dirottamento di altre risorse alimentari verso l’Inghilterra, provocò la morte di oltre un milione di persone. La carestia e le sue conseguenze spinsero ad una migrazione di massa verso altri paesi, principalmente Stati Uniti, Canada e Australia.
Trovo che sia importante parlarne ancora oggi, proprio perché l’umanità si trova ad affrontare una sfida climatica senza precedenti, caratterizzata da un rapido riscaldamento globale e da eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi. La portata e la velocità di questi cambiamenti rappresentano un inedito banco di prova per la nostra capacità di adattamento e resilienza.
Studiando come le società umane hanno affrontato i cambiamenti climatici nel corso della storia, possiamo trarre importanti lezioni per affrontare le sfide odierne. La nostra storia ci insegna che l’adattamento e la resilienza non si basano solo sulla tecnologia e sull’innovazione, ma anche sulla cooperazione, sulla condivisione delle conoscenze e sulla capacità di imparare dagli errori del passato.
Riflettere sulla nostra storia evolutiva e sulle esperienze passate con i cambiamenti climatici può essere prezioso per comprendere meglio le sfide attuali e per sviluppare soluzioni efficaci volte a costruire un futuro più sostenibile per l’intera umanità.
In un contesto di incertezza climatica come il nostro, caratterizzato da molteplici cause – sia naturali che antropiche, dovute alla negligenza umana – ritengo fondamentale investire in ricerca scientifica, sviluppare tecnologie sostenibili e promuovere politiche pubbliche che favoriscano la transizione verso un’economia a basso impatto ambientale. Allo stesso tempo, è necessario rafforzare la collaborazione internazionale e la solidarietà tra le diverse comunità, attuando una redistribuzione immediata delle ricchezze per garantire una risposta globale ed equa alla sfida del cambiamento climatico.
“Non è di metropoli che ha bisogno il nuovo mondo ma di città a misura d’uomo, di piccole comunità che animano i borghi, di una di una nuova transumanza verso i boschi. L’ambiente si modella in base alle esigenze del momento e quelle di adesso vi sospingono inesorabilmente indietro. Ma indietro solo in apparenza, perché dietro la chiamata a tornare sui propri passi c’è l’intento di ritrovare la strada verso casa e, una volta giunti lì, prepararsi ad accogliere nuovi insegnamenti.”
(Dal mio libro “Sette Lettere Dal Futuro Per L’Umanità”)
La storia umana ci insegna che i cambiamenti climatici possono rappresentare una grave minaccia per le società, ma che possiamo adattarci e costruire qualcosa di propositivo.
È necessario però sviluppare sin da subito nuove tecnologie e strategie per mitigare gli effetti e adattarci a certi impatti inevitabili. Dobbiamo inoltre costruire una società più giusta ed equa, in grado di affrontare le disuguaglianze di potere e le vulnerabilità che rendono alcune popolazioni più esposte agli effetti negativi del cambiamento climatico in corso.
Solo comprendendo e studiando il passato, possiamo costruire un presente vigile e un futuro più resiliente e sostenibile per tutta l’umanità.
Ce la faremo?
2 commenti
Non entro nel merito perché ci sarebbe troppo da dire, però si potrebbe guardare ai cambiamenti climatici interni: ovvero al nostro stato interiore che varia di giorno in giorno e da esperienza a esperienza. Come il mondo in cui viviamo anche noi siamo soggetti alle influenze esterne, grandi o piccole o microscopiche che siano. Quanti di noi ha coscienza, non consapevolezza o conoscenza, di questo processo interno? Quella che vediamo e viviamo spesso come una crisi, sia fosse fisica o psicologica, non potrebbe essere invece una crisi interna? Cosa è realmente una crisi interna? Abbiamo mai pensato che i nostri pensieri sono in realtà il risultato di un processo molto più profondo? Riaffiora come una bolla nell’inconscio, esplode, fa ribollire emozioni e sensazioni che poi sfociano in pensieri. Siamo liberi di pensarla come vogliamo, tuttavia alla fine, come è per la Terra, siamo soggetti a tanti tipi di influenze. Diventare almeno consapevoli di queste forze invisibili sarebbe, dal mio punto di vista, opportuno. Perché se si placa la crisi climatica interna c’è una grande possibilità che si plachi anche quella del mondo in cui viviamo. Tutto è collegato.
Caro Paolo, le tue parole evocano un’immagine potente: un’aridità interiore che rispecchia quella del mondo esterno. Una metafora perfetta per descrivere la nostra condizione di esseri viventi, immersi in un flusso continuo di cambiamenti, sia interiori che esteriori.
Come il clima muta, così anche il nostro stato d’animo oscilla tra quiete e tempesta. Influenze esterne, grandi o piccole, microscopiche persino, si insinuano nel nostro animo, plasmando pensieri e sensazioni. Ma quanto siamo consapevoli di questo processo?
Spesso ciò che definiamo “crisi”, sia fisica che psicologica, non è altro che la manifestazione di un tumulto interiore, un’eruzione vulcanica di emozioni e pensieri che affiorano dal profondo, sconvolgendo il nostro equilibrio. E se questa “crisi interna” non fosse da temere, ma piuttosto un’opportunità di trasformazione? Un invito ad esplorare le profondità del nostro essere, a prendere coscienza delle forze invisibili che ci governano.
Come un giardiniere saggio cura il proprio terreno, così noi possiamo coltivare il nostro mondo interiore. Diventare consapevoli dei nostri pensieri, riconoscendoli come il frutto di un processo ben più profondo. La vera libertà risiede nella conoscenza. Conoscere se stessi, i propri meccanismi interiori, le influenze esterne che ci condizionano. Solo così possiamo sciogliere i nodi che ci imprigionano e fiorire, come un deserto innaffiato dalla consapevolezza.
Perché a dirla tutta, la vera aridità non è la mancanza di acqua, ma la mancanza di consapevolezza.