L’asino di Buridano (o “Paradosso dell’asino“) è un apologo tradizionalmente attribuito – con molta incertezza – al filosofo francese Jean Buridan (chiamato Giovanni Buridano in Italia) vissuto a Parigi nella prima metà del XIV° secolo. Si tratta di un paradosso che ha come obiettivo quello di invitare l’ascoltatore alla riflessione, in maniera piuttosto iperbolica ed eccentrica, ma sicuramente efficace, tanto da essere ancora molto attuale. C’è da dire che in giro sul web come in alcuni libri, le versioni disponibili al riguardo di questo paradosso sono leggermente differenti, così come le interpretazioni, quindi proverò a raccontarvelo a parole mie.
C’è un asinello affamato, tanto intelligente quanto sfortunato, e mentre girovaga alla ricerca di cibo viene a trovarsi al centro fra due mucchi di fieno esattamente uguali ed equidistanti. L’asino comincia così ad osservarli, guarda prima quello di destra, poi quello di sinistra, poi ancora quello di destra e di nuovo quello di sinistra. È indeciso su quale mangiare, entrambi i mucchietti sono invitanti, ma non riesce a decidersi su quale possa essere il migliore e nella sua indecisione finisce con il morire di fame.
Il paradosso dell’asino di Buridano ci porta a riflettere sull’importanza delle scelte e sull’effetto che queste scelte determinano su di noi. Magari non ci reputiamo tanto “stupidi” da non saper scegliere fra un piatto di carbonara e un piatto di pasta al ragù, ma cosa succede se al posto del cibo ci troviamo a dover scegliere fra il nostro lavoro e il nostro partner? Cosa succede quando ti trovi a dover scegliere fra quelli che sono i tuoi sogni e le aspettative che i tuoi genitori hanno in serbo per te?
Ciò che infatti rende alcune scelte più impegnative di altre, è il loro peso in determinati ambiti della nostra vita, e le poche certezze che abbiamo in quel momento per poter prendere la “decisione giusta”. Perché se c’è una decisione giusta da prendere significa che l’altra, probabilmente, è quella sbagliata. Ma al momento della scelta non potremo sapere qual è quella giusta, questo aspetto paralizza tanto l’essere umano – da un punto di vista etico, morale, filosofico, culturale, spirituale – quanto il povero animale. Si finisce così con il non scegliere e scegliere di non scegliere è il più delle volte una pessima scelta.
La non scelta, l’indecisione, è la chiave di lettura di questo paradosso. La morte è solo una conseguenza, una morte travestita da infelicità, ansia, rimpianto, turbamento esistenziale, paura, depressione. E succede molto più spesso di quanto crediate, questa è una società che ha molto a che fare con il paradosso dell’asino di Buridano. Siamo un popolo incapace di scegliere, di denunciare, di amare il prossimo, di nutrire il nostro spirito tra due diversi mucchi di fieno. E a quanto pare il nostro spirito è già morto di fame per una logica conseguenza.
Siamo diventati bravi ad analizzare ogni aspetto della nostra vita, siamo diventati molto razionali ma restiamo ingabbiati in paradossi simili a quello dell’asino di Buridano. Ci si paralizza dinanzi alla decisione da prendere, si rimane afflitti da un dubbio, da un tormento interiore che non ci dà tregua. A volte lasciamo che siano addirittura gli altri a scegliere per noi, altre volte lasciamo che sia il passare del tempo a sentenziare e molte volte si sceglie di non scegliere, si preferisce fingere di non vedere, stare alla finestra, convinti che prima o poi la soluzione arriverà.
Persone che sguazzano nell’indecisione come maiali nel fango. Persone che amano valutare minuziosamente i pro e i contro, che desiderano fare la scelta “migliore”, ma nel frattempo cosa succede? Succede che una delle opzioni riguardanti la nostra scelta da prendere sfumi via o, nel peggiore dei casi, tutte le opzioni disponibili risulteranno essere “scadute”. Rimarremo senza nulla da scegliere, con un pugno di mosche in mano e con il rammarico di avere perso una grande opportunità. L’indecisione infatti, come dimostrato dal paradosso dell’asino, porta via con sé quelle che sono le nostre opportunità e spesso porta via anche le nostre opportunità di felicità.
10 commenti
Gent.mo Ivan, io stesso sono stato l’asino di Buridano e per diversi anni, finché un giorno non ho deciso di abbracciare entrambi i termini del conflitto. Nel senso che nei giorni dispari della settimana indossavo la veste di scrittore, nei giorni pari invece ero un counselor. Così ho risolto il mio problema, che tanta energia mi ha tolto in passato. In fondo ho fatto come A. Cechov, il quale considerava la sua attività di scrittore come la sua amante e la professione di medico come una moglie.
Grazie, ciao. Sebastiano.
Ciao Sebastiano, complimenti per la tua soluzione a giorni alterni, a dimostrazione che qualsiasi conflitto interiore e non è risolvibile con la giusta arguzia. Dovremmo tutti imparare a fare l’amore con le nostre professioni, in modo da renderle ancora più profittevoli. Grazie per questo tuo commento, l’ho apprezzato molto e spero di averti ancora come lettore.
Mi sono imbattuto casualmente tempo fa nel tuo sito ed ho cominciato a seguirti in tutti i tuoi articoli che trovo estremamente interessanti oserei “illuminanti”
Non amo le recensioni e probabilmente sarà una delle poche che ho fatto e che farò ma ciononostante ti dico bravo, continua e grazie
Ti ringrazio Carlo, messaggi come il tuo sono sempre i benvenuti. Scrivo articoli da un po’ di anni ormai, e lo faccio con l’unico scopo di regalare momenti di semplice e pura riflessione, ne abbiamo tutti bisogno in questa società arida di valori e gratuità. Colgo l’occasione per consigliarti il mio ultimo libro: “La cattiva abitudine di essere infelici“. Un abbraccio e a presto.
a volte le cose, viste dagli altri, intese come, altro da sé, ci appaiono più chiare. Grazie
Grazie a te Nunzia, spero di averti ancora come lettrice.
A volte si ha solo paura delle conseguenze delle nostre scelte, perché si rischia di perdere qualcosa che ha molto valore. Ma se ha molto valore perché semplicemente non si fa la scelta che evita la perdita?
Perché temporeggiare è meno faticoso.
Mannaggia a noi.
“Il più grande sbaglio nella vita è quello di avere sempre paura di sbagliare.” (Elbert Hubbard)
Sto leggendo “Schiavi del Tempo”. Ivan, sai una cosa? Ho 81 anni e sento che mi sta tornando la curiosità. Ciao.
Caro Vito, la curiosità non ha età, hai tutto il diritto di alimentare il tuo desiderio di conoscere, è proprio quel rendersi conto di qualcosa che può considerarsi un aspetto imprescindibile della natura umana; in questo senso si può affermare che l’uomo è curioso, a qualsiasi età. Onore a te e grazie per aver preso in considerazione la mia umile opera.