Vita E Morte: L’Eterna Alternanza

Tragicomico
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vita-e-morteMorte non significa “fine” o “non essere”, ma esprime un’altra forma di esistenza, quella che si trova al polo opposto della vita terrena. Morire quindi, non è altro che il passaggio nella vita dall’altra parte. In quest’epoca siamo soliti chiamare aldiquà la sfera di vita umana corporea, mentre chiamiamo aldilà ciò che reputiamo come un regno sconosciuto, misterioso. In realtà aldiquà e aldilà non sono spazialmente diversi, ma si trovano su due livelli diversi di percezione. Detto in altre parole, i nostri cinque sensi non ci permettono di percepire l’aldilà, che comunque esiste anche in questo preciso istante, e di certo non verrà a crearsi successivamente.

Per la legge di polarità infatti, dato che esiste qualcosa che noi chiamiamo aldiquà, deve esistere anche il suo polo opposto, l’aldilà. La morte non è altro che la soglia, il varco, il passaggio, tra questi due livelli esistenziali, ed entrambi sono funzionali alla vita. Aldiquà e aldilà ci permettono di Essere, vita e morte, nulla si interrompe, in quanto dopo la morte arriveremo nell’aldilà, ed il fatto stesso di trovarci nell’aldilà lo trasforma nell’aldiquà, perché il luogo in cui si permane non può più essere definito aldilà.

Tutto ciò che è vita viene regolamentato dalle leggi universali che regolano il Tutto, tra cui vi è appunto la legge di polarità. Per questo, come nell’inspirazione segue con certezza l’espirazione, allo stesso modo il sonno richiama il suo polo opposto, ovvero la veglia. Vita e morte fanno parte della stessa cerchia dell’inspirazione ed espirazione, sonno e veglia, la morte segue la vita così come l’espirazione segue l’inspirazione. Ma sempre in base alla stessa legge, la morte causa nuovamente la vita, è dà il via ad una perenne oscillazione. Come ho già detto, tutte le forme di manifestazione ubbidiscono a questa legge di polarità, pensiamo ad esempio alle maree, alle stagioni, al flusso elettrico, il giorno e la notte, periodi di pace e di guerra, tutto ciò che esiste oscilla nell’alternanza polare, perché tutto questo non dovrebbe valere per la vita e la morte?

Somiglia allacqua
lanima delluomo:

viene dal ciclo, al cielo

ascende e giù

di nuovo sulla terra,

in perpetua vicenda,

ha da tornare.

(Wolfang Goethe – “Canto degli spiriti sopra le acque“)

Spesso sento dire frasi del tipo: “Che prove esistono dell’aldilà?” , “Chi mi assicura che la vita continua?”. È chiaro che ognuno deve essere libero di credere in ciò che vuole, ma è altrettanto bene sapere che un’ipotesi che escluda la “rinascita” così come la “reincarnazione” è totalmente assurda, perché in totale contrasto con le leggi universali. Pertanto la prova esterna, che molti cercano, non è altro che il maggior nemico del sapere.

Attenzione, ho parlato di sapere, non di credere. Dico volutamente “sapere” perché Platone, come Goethe, sapevano che non è una questione di fede, ma un problema di conoscenza filosofica. Quindi chi sa, non ha bisogno di credere e non ha bisogno di prove. Allo stesso modo, per chi resta dubbioso e scettico, è ben che sappia che anche la questione “con la morte tutto finisce!” non è dimostrabile con le prove. Non esiste nessun processo in natura che finisce improvvisamente nel nulla.

Una persona che si trova in un dato punto sulla terra può osservare il sole tramontare all’orizzonte e allo stesso tempo, un altro osservatore, in un altro punto della terra, osserverà lo stesso sole sorgere all’alba. Ma in realtà si tratta dello stesso sole, che non sorge e non tramonta mai. Lo stesso accade con la nascita e la morte. Quello che noi esseri umani celebriamo come morte, dall’altra parte viene festeggiato come una nascita. Ma in realtà non siamo cambiati, siamo sempre noi. È soltanto la nostra coscienza polare che ci induce a dividere l’unità, la stessa cosa, in due parti diverse.

Questo accade perché l’anima sottostà alle leggi universali ed esegue un processo di apprendimento, di perfezione e di evoluzione. L’anima viene su questo pianeta per attraversare il buio del mondo materiale e per imparare, nel corso dell’esistenza temporale, ad evolversi, a divenire più consapevole, in vista del proprio scopo. Ovvero quello concludere il suo ciclo di morte e rinascita e tornare all’unità originaria.

Quando si parla di aldilà, come anche di reincarnazione, spesso molte persone credono che a “trasmigrare” sia la loro identità, ovvero ciò che “pensano” di essere. Questo è falso, perché ciò che pensiamo di essere, quindi la nostra mente, come il nostro ego, è destinato a morire. Allo stesso modo il nostro nome e cognome, servirà solo per riempire la lapide, insieme alla foto di ciò che appunto, pensavamo di essere.

Quello che resta è ciò che le filosofie orientali definiscono come energia indistruttibile, è il principio animico che si trova al nostro interno, ovvero la nostra anima. Ma essa non è già ben sviluppata come tutti credono, convinti come siamo che ognuno possieda un’anima e quindi siamo tutti sullo stesso livello. L’anima va vista come un embrione, che vita dopo vita, si sviluppa, cresce e si evolve, ed è per questo che esiste il destino, con la sua infinita pazienza.

Il destino offre alla nostra anima la possibilità di sperimentare ed imparare, di compensare errori, di reincarnarsi di volta in volta in situazioni che le consentono di crescere, anche attraverso la sofferenza. La reincarnazione è l’unica spiegazione plausibile al fatto che uno nasce ricco e l’altro povero, qualcuno sia muto e qualcun altro paralizzato, qualcuno sia un genio e qualcun altro faccia fatica a superare le scuola dell’obbligo. La reincarnazione offre l’occasione di rifarsi a chi commette errori nella propria vita. Purtroppo per noi occidentali la reincarnazione è ancora un tabù, come come lo sono vita e morte.

Senza un significato, la vita come la morte, diventa insopportabile per l’uomo. La ricerca del significato della vita è un bisogno fondamentale e solo quando l’uomo diventa capace di accettare la legge di polarità, di essere un anello di una lunga catena, è in grado di riconoscere il significato e la giustizia esistenziale del destino. Molti altri involucri occuperemo, fino a quando raggiungeremo la vera immortalità, la contemplazione del Creatore. Fino ad allora dovremo rimboccarci le maniche, quindi se vi sentite di poter fare qualcosa per il mondo, fatelo, buttatevi! Strappate via dalla vostra coscienza che la morte sia un fine, non fatevi ipnotizzare dalla società che vi vuole far credere ciò che in realtà non siete… attivatevi, emergete, risvegliatevi e manifestate liberamente nel mondo la vostra Luce in questa eterna alternanza.

Nessuno sa cosa sia la morte e se essa non sia il maggiore di tutti i beni;
e invece gli uomini ne hanno paura,
come se sapessero bene che essa è il più grande dei mali.

(Platone – “Apologia di Socrate“)

Tragicomico

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