La Felicità Non Si Aspetta… Si Vive!

Tragicomico
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come-essere-felici-nella-vitaUna dipendenza è sempre un problema, se per ottenere un po’ di felicità dipendiamo dall’alcol, dai soldi, dal lavoro o dagli affetti, non c’è differenza in relazione ad un problema da superare; perché la dipendenza da cose, persone o sostanze genera il possesso, la paura, la gelosia, l’invidia e anche il conflitto.

Nel ricercare la nostra stessa felicità spesso creiamo dei problemi nei quali, poi, rimaniamo impigliati. I più grandi filosofi di tutti i tempi, greci, romani o orientali che siano, da sempre sostengono che la felicità ottenuta attraverso qualcosa di esterno inevitabilmente genera un conflitto. Gli oggetti esterni ottenuti, ovvero cose, affetti, eros, possedimenti e così via, diventano prima o poi più importanti della nostra stessa felicità che sarà pertanto irraggiungibile. Se vogliamo spiegarlo con parole povere, possiamo dire che il senso di possesso diventa l’antagonista della felicità. Ne è l’opposto. Il virus che affligge il nostro vivere sereni ed incondizionati. Tutto questo nostro “possesso” ha comunque una spiegazione razionale, in quanto sin da piccoli ci insegnano che le cose e le persone possono effettivamente essere nostre.

Fin qui nulla di sbagliato, visto che in tenera età questo modo di “possedere” fortifica il proprio Io, e serve per creare un’identità, un nostro Io appunto. Il problema sorge nel momento in cui cresciamo e nessuno ci viene a dire che il senso del possesso in un adulto non ha senso di esistere, essendo una fase già sperimentata nell’infanzia. Ecco che allora si resta bambini tutta la vita, non si segue la giusta evoluzione spirituale e umana, con una felicità condizionata dall’ “io voglio”, proprio come i bambini!

Se crediamo che la nostra felicità dipenda ad esempio da un televisore, rischieremo di litigare e di soffrire proprio a causa del televisore stesso nel momento in cui entreremo in attrito con altri che ne desiderano il monopolio. E lo stesso vale se al posto del televisore vi è una persona o una situazione. In realtà tutto ciò che adoperiamo e con cui veniamo a contatto, ci viene solo dato in prestito dall’esistenza e ci può essere tolto in qualsiasi momento. Nessuno infatti, può mai essere sicuro che qualcosa che pensa sia “sua” non possa in realtà esser rubata o distrutta, o che il partner non lo abbandoni e che i suoi cari non muoiano. Anzi, proprio quando reputiamo che la nostra felicità dipenda da una persona, un amico, un amante o un familiare, allora i rischi di antagonismo e di sofferenza sono ancora più grandi.

Ci crediamo soddisfatti perché siamo persone impegnate che non conoscono tempi morti,
perché dentro i nostri appartamenti abbiamo tutto quello che ci hanno insegnato a desiderare
e quando ci guardiamo attorno riconosciamo la nostra vita specchiata in quella dei nostri simili.
Ci sentiamo appagati non perché siamo felici, ma perché facciamo quello che fanno tutti gli altri.
Perché siamo normali.

(Dal mio libroLa cattiva abitudine di essere infelici“)

Ecco perché la dipendenza è sempre un problema, bisognerebbe consapevolizzare che la nostra felicità non aumenta proporzionalmente in base al numero dei possedimenti affettivi o materiali che otteniamo, bensì alla capacità di sentirsi soddisfatti di se stessi, di sentirsi pieni e colmi nel proprio cuore, indipendentemente da tutto.

Tutto ciò può forse sembrarvi strano, ma provate ad osservarvi attorno. Le persone cosiddette adulte trascorrono la propria esistenza alla ricerca di nuovi giocattoli (automobili costose, case al mare, smartphone di ultima generazione) e di nuovi partner sessuali. Questi non possiamo chiamarli adulti, ma esseri il cui sviluppo psicologico non si è più evoluto dai 14 anni in su. Ecco perché poi non è così raro trovare dei 50 enni in casa, mollemente abbandonati sul divano di fronte all’apparecchio televisivo, imprecando per la propria squadra di calcio o contro quel politico, con le mogli isteriche e smaniose di riconquistarsi la libertà. Questa vi sembra felicità?

Vedo persone seguite come un’ombra da un diffuso senso di insoddisfazione, come se sempre e comunque manchi quel qualcosa che possa renderle felici. Quel qualcosa che però in realtà non esiste, visto che è delegato all’esterno e si trasforma in continuazione. Quante volte delle persone raggiungono lo stato che desideravano da tempo (matrimonio, posto fisso, casa nuova, essere famosi) e che pensavano fosse il loro traguardo per la felicità? Niente di più sbagliato e ce ne accorgiamo nel momento che raggiunto il traguardo la felicità non sarà ancora venuta a trovarci.

Credevo che la felicità fosse sempre domani,
e poi domani e domani ancora
Forse essa è qui.
Forse essa è ora.
E io ho guardato in qualsiasi altro luogo.
(Osho – “Il canto della meditazione“)

E a quel punto, invece di guardare dentro noi stessi per trovare ciò che in realtà stiamo cercando, siamo ancora convinti che la felicità venga  dall’esterno; in questo modo ci porremo l’ennesimo traguardo successivo, e l’idea che possiamo essere felici qui-e-ora non ci passa minimamente per la testa. Invece di condannarci all’infelicità eterna, o alla povera  e momentanea felicità condizionata, proviamo a trovare una gioia ed una serenità perenne, indipendente dagli eventi esterni, siano essi passati, presenti e futuri…

Tragicomico

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